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…tutto su Liam e Noel dopo quel maledetto litigio a Parigi

[di Mattia Marzi – articolo pubblicato su Vinyl n. 11 – continua dalla parte 1]

Nei giorni successivi a quella drammatica serata è proprio Peggy a cercare di placare gli animi dei due fratelli: «Liam e Noel si amano, ma sono troppo diversi. Da bambini non litigavano mai. Non credo sia la fine degli Oasis. È solo stanchezza da fine tour», dice fiduciosa ai tabloid britannici. Ma questa volta non è come le altre. Nessuno dei due ha intenzione di tendere la mano all’altro e seppellire l’ascia di guerra. E anche se alcune indiscrezioni riferiscono dell’intenzione di Liam di incontrare il fratello Noel per lasciarsi alle spalle la rissa del Rock en Seine e rilanciare gli Oasis, è lo stesso cantante a ufficializzare, con la sua prima uscita pubblica, lo scioglimento della band: «Gli Oasis non ci sono più. Penso che ormai lo sappiano tutti. Finita. So che è un peccato. Sicuramente è un peccato, ma la vita va così. Ci siamo divertiti. La cosa positiva degli Oasis è che sono stati gli Oasis stessi a chiedere la partita, non sono stati altri ad imporci questa cosa», dichiara con fermezza al Times. Salvo poi tornare sull’argomento qualche giorno dopo, con un pizzico di rammarico: «Mi devo ancora abituare a tutto questo. Adesso devo sedermi a riflettere e a lavorare sul mio futuro musicale. Sono davvero distrutto per la fine degli Oasis».

La risposta di Noel alle affermazioni di Liam non si fa attendere. Per dare un taglio al passato, il più grande dei fratelli Gallagher fa sapere ai giornali di aver deciso di lasciare Londra, dove si era trasferito in seguito al successo del gruppo, e tornare a Manchester, lì dove tutto era cominciato: «Ho bisogno di respirare aria nuova, per ricominciare è la cosa migliore e l’aria di casa non può farmi altro che bene. Tornerò a Manchester a breve, ormai Londra ha fatto la sua epoca, non ha più fascino per me».

Entrambi annunciano così di essere al lavoro su progetti solisti, per voltare definitivamente pagina e concentrarsi al futuro cercando di non guardare al passato con rancore, come cantavano ritornello della hit contenuta in (What’s The Story) Morning Glory?. Trai due è Liam quello che ha più fretta di pubblicare nuovo materiale: il cantante riesce a tenere dalla sua parte sia Gem Archer che Andy Bell, praticamente l’altra metà degli Oasis (insieme a loro c’è anche Chris Sharrock, che aveva suonato la batteria nell’ultimo disco del gruppo), e li trascina in studio di registrazione per bruciare sul tempo Noel. «In questo momento non stiamo usando il nome Oasis, ma se non ci viene in mente altro, quando sarà l’ora di pubblicare il disco, allora lo faremo come Oasis. Non ho intenzione di trovarmi un nome ridicolo giusto per il gusto di trovare un nome nuovo», avvisa. È chiaramente un modo per attirare le attenzioni di suo fratello Noel. D’altronde il rapporto tra i due si è regolarmente ridotto a questo: Noel ha sempre avuto molti bottoni e Liam molte dita per premerli. E infatti poche settimane dopo ci ripensa e in un’intervista radiofonica fa sapere: «Non saremo più gli Oasis. E comunque Oasis era un nome del cazzo, sono contento di essermelo lasciato alle spalle».

Ma mentre Liam si diverte a punzecchiarlo nelle interviste, Noel lascia che a parlare sia la musica e nel marzo del 2010 si presenta sul palco della Royal Albert Hall di Londra, ospite di un evento benefico: è la sua prima esibizione pubblica dopo lo scioglimento degli Oasis, di cui ripropone i grandi classici. Chiudendo il concerto con l’emblematica Don’t Look Back In Anger.

La palla torna dunque a Liam: nell’autunno del 2010 il cantante si decide finalmente a pubblicare la prima anticipazione dell’album d’esordio dei Beady Eye – è così che ha deciso di battezzare la sua nuova band. Si intitola Bring The Light ed è praticamente una canzone che riprende tutte le principali caratteristiche dei dischi degli Oasis (a partire dalle influenze dei Beatles e degli altri gruppi beat e pop rock degli anni Sessanta britannici). Seguono, nei mesi successivi, altri due singoli, Four Letter Word e la ballata chitarristica The Roller, poi nel febbraio del 2011 arriva finalmente l’album: Different Gear, Still Speeding (letteralmente: cambiare marcia, continuando a correre), prodotto da Steve Lillywhite, già collaboratore di Peter Gabriel, Talking Heads, Rolling Stones e U2, apre definitivamente l’era post-Oasis del cantante, pur mantenendosi fedele alle influenze del gruppo (Lennon/McCartney, ma anche Kinks e Stone Roses).

«Volevamo solo fare un grande album, concentrarci e passare il tempo in studio nel modo giusto. Ora posso dire che ci divertiamo davvero, facciamo la musica che ci piace. A noi non è mai interessata particolarmente la sperimentazione: semplicemente facciamo quello che ci riesce bene da sempre e cerchiamo di non fare cazzate», spiega Liam alla stampa, riferendosi chiaramente agli ultimi lavori degli Oasis, dove lo zampino di Noel – che tra i due è sempre stato quello più interessato alle sperimentazioni sonore – si era sentito forse un po’ troppo. E infatti quando anche Noel decide di svelare le carte, pubblicando nell’agosto del 2011 The Death Of You And Me, il primo singolo estratto dall’album d’esordio del suo gruppo, le differenze stilistiche con il fratello vengono esplicitate. Con i suoi High Flying Birds, formati assieme al bassista Russell Pritchard, al tastierista Mike Rowe, al batterista Jeremy Stacey e al chitarrista Tim Smith, Noel punta verso altri lidi a livello di sound e di atmosfere rispetto alle produzioni degli Oasis.

L’eponimo album d’esordio del gruppo vede il musicista recidere ogni legame con il passato: «Questo non è rock da stadio, è musica più intimista. Ci sono strumenti che non ho mai usato finora come dei fiati in stile New Orleans. Non so cosa aspettarmi da questo lavoro, non so quanto venderà ma non mi interessa. Il successo capita, non è una cosa che dipende da me. Sarei dispiaciuto solo se queste canzoni non piacessero alla gente, quello sì. Al tempo stesso però so che non riuscirò a fare nemmeno la metà di quello che ho fatto con gli Oasis», dice Noel a proposito dei dieci brani contenuti nel disco, registrati in buona parte agli Abbey Road Studios di Londra e prodotti a quattro mani con Dave Sardy, ex frontman della band noise rock dei Barkmarket (in voga tra i seguaci della scena alternativa newyorkese a cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta) e in seguito ingegnere del suono per Red Hot Chili Peppers, System of a Down, Marilyn Manson e Dandy Warhols. Con lui, l’ex Oasis aveva già messo a punto il sound che aveva caratterizzato gli album Don’t Believe The Truth e Dig Out Your Soul, gli ultimi pubblicati insieme al fratello: un mix tra alternative rock e atmosfere psichedeliche che qui ripropone, ma senza Liam. Che, chiamato ad esprimere un giudizio sul progetto del fratello, lo stronca alla sua maniera: «Non è male. Sono contento che alla gente piaccia, ci sono delle buone canzoni. Però non ha le palle. Non spicca. Tutti sanno cosa Noel Gallagher sia in grado di fare; è un buon album, ma è noioso. Sono cose già ascoltate».

[Foto: Abir Anwar – licenza CC BY 2.0 – Continua con la parte 3]