La voce in primo piano, il suono spogliato di ogni sovrastruttura, il desiderio di durare “per sempre”. Francesco Bianconi canta per la prima volta senza Baustelle

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Un disco che doveva uscire a inizio 2020, nato e suonato nella pausa dai Baustelle, la band di cui Francesco Bianconi è voce dalla metà degli anni ‘90, dopo un periodo intenso di dischi e tour: “Quando sei all’acme bisogna trovare il coraggio di fermarsi, prima che cominci una discesa inevitabile. E prendersi del tempo per sé, per dare voce ai propri istinti, anche quelli più bestiali”. Nasce così Forever, il primo lavoro da solista di un cantautore che è andato alla ricerca di se stesso e si è tolto ogni maschera, in un lavoro quasi psicanalitico, dove la voce rimane al centro, accompagnata da pochi strumenti, senza batterie e chitarre elettriche, per un risultato acustico e intimistico che suona internazionale anche grazie alla presenza di collaborazioni estere che portano lingue diverse all’interno delle canzoni.

Cosa troviamo dentro a questo disco?

I miei demoni. È difficile mettersi così a nudo, è più comodo tenerli fuori casa. Li ho invitati a pranzo e a cena: non fanno più paura. Questo disco riflette come mi sento. In ogni canzone c’è un aspetto di me. Non c’è un concept, non c’è un tema, a differenza di ogni disco dei Baustelle. Qui c’è un uomo che parla nel profondo, ci sono io.

Ti metti a nudo, spogliando anche il suono.

È andato tutto di pari passo. Quando ho visto che stavo scrivendo di cose intime, senza vergogna, mi è sembrato che il suono non dovesse avere troppe sovrastrutture. Ho vissuto questo disco come una sorta di folk, con la voce alla guida. Il resto doveva essere poco ritmico, non c’è la parte percussiva, non c’è il basso, non ci sono le chitarre usate tradizionalmente. Sono tutte ballad, la voce è fuori dal tempo, dai bpm, dalle gabbie. Un lentissimo movimento lavico, sospeso nel tempo.

Fuori dal tempo e anche da qualsiasi moda.

Le mode ci sono sempre, ma in questo momento non mi interessano. Se ci sono più correnti, a volte, possono anche essere interessanti. Ma in questo momento, in ambito musicale, stiamo vivendo un leggero appiattimento. Ci sono cose che mi piacciono, ma se si vive solo di due correnti, in questo caso it-pop e trap, sento la noia. Sarebbe interessante sentire anche altra musica. Ma non ce l’ho né con i discografici né con i talent. Ce l’ho con il mondo a una sola dimensione.

Anche il ritorno del vinile in un certo senso è una moda. Che cosa ne pensi?

Non sono un nativo digitale, faccio parte di quelli che sono cresciuti con i vinili. Sono legato alla forma di musica popolare diffusa via album. Il vinile è un ottimo formato per l’ascolto attento di una raccolta di canzoni. Una moda? Forse un lusso. Conosco persone che ne comprano per tenerli in casa senza neanche ascoltarli e questo è un peccato. Ma non importa. A me piace l’oggetto: li compro e li ascolto. MI fa sorridere che gli stessi discografici che ai tempi dei primi dischi dei Baustelle, quando per noi sarebbe stato importante avere anche il vinile, ci dicevano di non poter investire in un mercato così di nicchia siano gli stessi che ora pubblicano tutto anche su vinile. Rigorosamente a 180 grammi se no che senso ha?

Hai chiamato il tuo disco Forever. Perché?

Non avevo proprio idea del titolo, con i Baustelle è sempre stato il primo passo. Nascevano prima i titoli, con Fantasmaavrei scritto di cose sul tempo, con L’amore e La violenzail tema era chiaro. Qui non avevo una traccia. Sarebbe stato forse giusto chiamarlo semplicemente Francesco Bianconi, ma poi è nato Foreverperché stavo riguardando delle foto sul telefonino e per caso ho visto quest’immagine scattata dalla mia fidanzata, dove indosso una maglietta con la scritta Fun Forever. Ho pensato avrebbe potuto essere una bella copertina, ma poi ho zoomato sul Forever. Mi è sembrata una parola positiva, una parola straniera in un disco multilingue, che nasconde quel desiderio che ogni artista ha: vedere durare per sempre le sue canzoni.

Da dove arriva la scelta dell’internazionalità?

Volevo fare una cosa che fosse allo stesso tempo italiana, nazionalità di cui sono molto orgoglioso, ma andando oltre, come se dovessi vedermela con il mondo, in uno strano disco di folk universale in cui si può cantare in tutte le lingue. Con una tale omogeneità di suono da permettere linguaggi diversi: una musica universale di canzone, con la C maiuscola.

Come e quando sono nati questi brani?

Sono nati tutti compattissimi. La musica è stata scritta in due o tre mesi, e così i testi. Rispetto alle cose dei Baustelle ho scritto insieme o poco dopo la musica. Alcune parti in lingua le hanno scritte gli artisti presenti nel disco, altre io. Siamo riusciti ad avere una collaborazione intensa con triangolazioni internazionali nonostante le restrizioni.

Come hai scelto le voci che partecipano al disco?

Ho pensato alle persone che mi sarebbe piaciuto coinvolgere, a prescindere dalla loro lingua. Hanno tutti aderito con entusiasmo.

Quest’intervista è tratta dal numero 17 di De Agostini Vinyl 

 

Francesco Bianconi è anche scrittore. Ha pubblicato due romanzi: Il regno animale(2011, Mondadori) e La resurrezione della carne(2015, Mondadori). E nell’ottobre del 2019 è uscito il suo libro di poesie e foto I musicisti arrivano già stanchi negli hotel (La Nave di Teseo).

 

FOREVER

Prodotto da Amedeo Pace (Blonde Redhead) e registrato ai Real World Studios di Bath, contiene dieci brani inediti e tiene nel tessuto di base di ognuno di essi il quartetto d’archi Balanescu ensemble e i pianisti Michele Fedrigotti e Thomas Bartlett che si alternano nell’esecuzione. All’interno del disco le collaborazioni internazionali di RufusWainwright, Eleanor Friedberger, Kazu Makino e Hindi Zahra.