La nascita delle prime canzoni sceneggiate la dobbiamo all’invenzione di due macchine che erano state del tutto dimenticate. Un giornalista italiano ha restituito loro la dignità che meritano

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Vent’anni prima della nascita del termine “videoclip” – con MTV, nel 1981 – i videoclip esistevano già e giravano nei bar e nelle stazioni ferroviarie. Per guardarli bastava inserire una moneta da 100 lire nel Cinebox, fratello minore del jukebox. Sul suo schermo passavano le immagini contenute in 40 pellicole 16 millimetri, girate per accompagnare le canzoni del momento. “I primi a utilizzare una macchina che riproduce filmati a colori con la musica sono gli italiani”, spiega Michele Bovi, giornalista e autore Rai, “nonostante lo Scopitone francese sia coetaneo e il brevetto sia stato depositato anche prima di quello del Cinebox”. Con lui, debutta il padre di tutti i videoclip, Altagraciadi Don Marino Barreto Junior, girato a Roma, nel 1958, da Domenico Paolella. “Paolella, oltre che un bravo regista, era anche il caporedattore de La Settimana Incom, un cinegiornale settimanale che veniva trasmesso nelle sale prima dell’inizio delle pellicole. Si è occupato anche dei primi Musicarelli. Altagracia era il nome della figlia di Barreto, che compare nel video, insieme al padre, in una stanza piena di marionette”.

 

Tutto nasce con la guerra

“Entrambi gli apparecchi vengono costruiti da due aziende che lavorano nel settore bellico: la Cameca francese e l’Ottico Meccanica Italiana”, continua Michele Bovi. “Tramite una pulsantiera consentono di mostrare filmati in sequenza e, durante la guerra, vengono utilizzati dai servizi segreti italiani e francesi per monitorare gli obiettivi sensibili. Con la fine della guerra questo materiale va riconvertito e l’idea è di utilizzarlo in ambito musicale. Così sia l’ingegner Frédéric Mathieu della Cameca sia Paolo Emilio Nistri dell’Ottico Meccanica Italiana cominciano a occuparsene, fabbricando rispettivamente Scopitone e Cinebox. Questo spiega anche il ritardo nei brevetti: finché venivano utilizzati per scopi militari non ci potevano essere depositi e nessuno poteva reclamarli”.

 

Uno strumento sottovalutato

In realtà girano pochissimi soldi e il più delle volte, per risparmiare, si utilizzano gli stessi set del Carosello. Le case discografiche non solo non apprezzano l’iniziativa, ma in un certo senso la temono. “Le buone premesse per il successo del Cinebox c’erano tutte”, racconta Bovi. “La Rai all’epoca dedicava pochissimo spazio alla musica ma i dischi andavano molto bene. Il Cinebox mostrava l’artista e finalmente la gente vedeva i suoi beniamini all’opera. Ma le case discografiche remavano contro, guardavano a quei filmati come a un freno sulla vendita dei vinili. In alcuni casi evitavano persino di coinvolgere l’artista”.

Sul Carosello si investe di più perché dietro ci sono le aziende. Nel Cinebox invece non c’è pubblicità. Ecco perché la realizzazione costa molto poco e quando non vengono utilizzati set già precostituiti si gira praticamente in casa. “Gino Paoli nel video di Rimpiangerai, rimpiangerai, canta sul bordo della piscina della villa di un consigliere delegato”.

“All’epoca non si è colto il business”, spiega Vito Molinari, regista e coautore TV che ha girato più di 300 Cinebox. “Si stava anche studiando come mettere la pubblicità tra una canzone e l’altra, in testa o in coda. Questo avrebbe portato soldi e un giro maggiore ma i cantanti avevano poca voglia di prestarsi: non percepivano alcun compenso ed era impossibile capire se la presenza nel Cinebox avrebbe fatto vendere qualche disco in più. A noi registi si chiedeva di fare tutto molto rapidamente, io li giravo con la mano sinistra, nei rarissimi momenti liberi tra una trasmissione e l’altra. In due giorni ne giravo anche quattro”.

Un trampolino per Lelouch e Coppola

In Francia dietro la cinepresa c’è anche Claude Lelouch, che di recente ha dichiarato di aver imparato il mestiere proprio grazie al suo lavoro per lo Scopitone: “A differenza di molti registi, quando realizzo i miei film penso prima di tutto alla musica. Un uomo, una donnaè interamente costruito attorno alle note e al canto. Tutti i titoli dei miei film sono diventati anche brani”. Lelouch viene ingaggiato da Andrée Davis-Boyer, detta “Mamie Scopitone”, che produrrà gran parte del catalogo degli Scopitone. Anche l’attrice e cantante americana Debbie Reynolds ne produrrà molti.

MB:“Con la Reynolds poi c’era Irving Briskin, l’ex vicepresidente della Columbia Pictures. Sono riusciti a fare cose bellissime, usando il technicolor. Francis Ford Coppola, anche se non ha mai girato filmati per lo Scopitone ha investito molti soldi nella produzione. Ma quando è venuto fuori che di mezzo c’era Cosa nostra li ha persi tutti. Poi però chi hanno chiamato come regista del Padrino? Proprio lui, anche se all’epoca era semisconosciuto. La Paramount tra i dirigenti aveva esponenti di Cosa nostra e questo non mi leva dalla testa che lui debba la sua fortunatissima carriera anche allo Scopitone”.

Creatività e innovazione

Cinebox e Scopitone hanno anticipato veri e propri generi. Nonostante i pochi investimenti, la creatività nella produzione non è mai del tutto mancata.

MB: “Lelouch, in Le Hully Gullydi Line Renaud, ha mostrato per la prima volta su uno schermo dei ragazzi in costume da bagno. Jack The Ripperdi Screaming Lord Sutch, Cinebox del 1963, ha dato il via ai cantanti come Alice Cooper, Kiss, Renato Zero e David Bowie”.

VM:“Tra i Cinebox più amati c’erano anche quelli di Clem Sacco, antesignano del rock demenziale. Con lui, nel 1961, girai Oh mama, voglio l’uovo alla coque. Il primo Cinebox che ho girato mi pare fosse La gattadi Gino Paoli. Si era presentato sul set in maglione e occhiali neri, così gli ho messo vicino Gloria Paul, una ballerina bellissima”.

Una vita brevissima

Scopitone e Cinebox spariscono nel giro di 4 o 5 anni. Dopo il fallimento, la Innocenti nel 1965 cerca di recuperare costruendo il Cinejukebox. Disegnato a forma di uovo, contiene 40 pellicole ma funziona anche come jukebox: si può scegliere tra 200 canzoni e, in assenza di filmati, lo schermo riproduce diapositive pubblicitarie o un effetto caleidoscopio. È un flop perché costa troppo e la produzione si ferma nel 1967.

MB: “Cinebox e Scopitone non sono mai stati davvero apprezzati e valorizzati. In più le pellicole si spezzavano. Quando succedeva la macchina si fermava. La manutenzione era poco efficiente e capitava di aspettare giorni prima che mandassero qualcuno ad aggiustarla. Nel frattempo chi continuava comunque a pagare 500 lire al giorno di SIAE si è stufato e, per non rimetterci, ha preferito tornare al jukebox. Faranno una fine indecorosa e per nulla musicale: il Cinebox finirà nei pornoshop in Scandinavia e lo Scopitone verrà usato in agricoltura”.

VM:“Quello per il Cinebox era un lavoro che noi registi italiani prendevamo un po’ sottogamba. Non avevamo intuito di poter passare alla storia, ci bastava passare alla cassa e da quel punto di vista ci dava ben poca soddisfazione”.

MB:“I registi la consideravano una cosina commerciale, da poco e addirittura se ne vergognavano. Poi, con il passare del tempo, si sono resi conto che facevano parte della storia di un certo tipo di cinematografia e hanno cambiato idea”.

Di Cinebox e Scopitone in giro ce ne sono ancora, anche se c’è meno mercato rispetto al jukebox, principalmente per le difficoltà della manutenzione. Il loro valore però risiede altrove e si è nobilitato con il tempo.

Quest’articolo è tratto dal numero 17 di De Agostini Vinyl

Michele Bovi (Catania, 1950)

Giornalista e autore televisivo (Eventi Pop, I ’60 a colori, TecheTecheTe’…). Ha scritto saggi, inchieste e documentari su cantautori e plagio musicale.. Sul tema ha pubblicato Da Carosone a Cosa nostra. Gli antenati del videoclip(Coniglio Editore, 2007) e Cinebox Vs. Scopitone. Canzoni da vedere/canzoni da guardare(Arcana Edizioni, 2014).

 

Vito Molinari(Sestri Levante, 1929)

Dopo aver debuttato come regista nella trasmissione inaugurale della Rai, nel 1954, ha diretto e curato oltre duemila produzioni televisive (L’amico del giaguaro, Senza rete, Lui e lei, La via del successo, Un due tre, Quelli della domenica, Canzonissima…). È anche regista teatrale e ha fondato il CUT, Centro Universitario Teatrale di Genova. Ha diretto 300 Cineboxe 500 Caroselli.