Esce a 25 anni di distanza il doppio vinile colorato a 180 grammi di Sanacore, l’album che ha lanciato la carriera della band napoletana. Un regalo per i fan, celebrando quei meravigliosi anni ’90, quando tutto era ancora possibile

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Un doppio vinile colorato a 180 grammi, con copertina gatefold e booklet di 4 pagine, un salto nel tempo indietro di 25 anni, alle session in uno studio autogestito sull’isola di Procida fino alla lontanissima Londra, per celebrare l’album che ha cambiato la storia della band napoletana nata alla fine degli anni ‘80 che ha trovato la sua voce in Raiz. Sanacore è infatti la pietra miliare della band, il disco più amato dai fan, che qui ricevono il loro regalo.

25 anni fa. Che cosa ricordi?

Era un periodo completamente diverso da questo, l’attenzione era tutta sul disco. La musica passava dal mezzo fisico, mentre oggi è solo liquida. Questo vinile rievoca quel mercato, quel momento. Era diverso e, nonostante gli Almamegretta fossero una realtà di nicchia, potevamo contare sulla nostra fanbase. Noi degli anni ’90 respiravamo un’aria diversa, avevamo aperto una frontiera, eravamo liberi e anche le major avevano voglia di innovazione, ci lasciavano fare, cercando di capire se potessimo essere noi i trendsetter per quelli che sarebbero venuti dopo. Il loro investimento era un salto nel buio, respiravamo libertà.

Anche i soldi a disposizione per gli investimenti però erano diversi…

Non è che i soldi oggi non ci siano, gli sponsor potrebbero pagare… ma è molto difficile lasciare liberi gli artisti. Si porta avanti quello che funziona, non si condivide il pubblico tra artisti. Quando chiedo a un giovane rapper di condividere un mio pezzo non lo fa, perché non può rischiare di confondere chi lo segue, la sua popolarità costa, il suo pubblico va blandito in continuazione. Un tempo era tutta condivisione. Commistione. Dopo Sanacoreabbiamo fatto Lingo, il nostro capitolo sulla musica elettronica. Per noi non c’era differenza. Era il nostro racconto musicale. Oggi sarebbe impossibile fare un disco completamente diverso, pochi anni dopo. Non si può rischiare di rompere il pubblico.

Sanacorecome è nato?

Eravamo in una fase reggae e volevamo ricreare la nostra Giamaica da qualche parte. Ce ne siamo andati a Procida, che è un’isola particolare. Abbiamo affittato una casa, da ottobre a dicembre, e lì abbiamo allestito lo studio, caricando tutto su un cargo, trasportando su un’Ape, in quelle stradine strette, il mixer e tutte le nostre cose. Abbiamo montato la nostra Giamaica, lavorando in session continue. Sono nate lì le canzoni.

Poi?

Non si mandava niente via mail. Abbiamo registrato tutto su cassettina e spedito al signor Adrian Sherwood, a Londra. Volevamo lavorare con lui per qualche pezzo, ci ha risposto via fax, voleva fare tutto il disco. Fu un grande risultato per me. Eravamo fan dal giorno uno della On-U Sound, la sua etichetta, che ha sfornato suoni di cui eravamo innamorati. A Natale abbiamo chiuso la casa di Procida e siamo andati a Londra. Un’esperienza unica che oggi sarebbe irripetibile.

Perché?

Sarebbe un atto velleitario ripeterla. Inutile, mentre all’epoca era necessario. L’era moderna ha permesso a tantissimi di avvicinarsi alla musica e fare musica, anche bellissima, ma si è massificato tutto quello che si può fare. Oggi puoi registrare annullando qualsiasi rumore, prima i microfoni potevano prendere anche i suoi della batteria che si muoveva… Faceva parte del suono, entrava nel disco. Quello che abbiamo fatto noi con il mixer vero analogico, con la batteria montata in una stanza con materassi, era ricerca. Come in una miniera d’oro. Oggi puoi fare tutto al computer.

È una celebrazione del passato?

Questo disco è diventato un’icona della nostra band, ma anche di un periodo particolare della storia della musica italiana underground degli anni ‘90, ha rotto un argine. Quando fai entrare acqua, faciliti il defluire di tanta altra acqua. All’epoca era difficile sfondare e fare numeri, con cose come questa. Era il momento in cui c’erano ancora i grandi dinosauri della musica italiana, non c’era tanto hip hop, non c’era la trap, ma neanche il pop fatto così. Abbiamo fatto breccia nel cemento armato. Mi sento il padre, forse il nonno, della musica di oggi.

Canti da sempre in napoletano.

È una lingua che avevo a disposizione, l’ho usata. È più duttile. Non l’ho mai fatto per campanilismo. All’epoca faceva strano, oggi è molto più popolare. Ma è sempre stata la nostra cifra stilistica. Nel prossimo disco userò anche l’italiano e l’inglese.

Quando uscirà?

Nel 2022. Ci stiamo lavorando da un po’ di tempo. Sarà prodotto da Paolo Baldini, bassista e producer di dub con cui andiamo molto d’accordo. È cresciuto con la nostra musica ma ha un occhio esterno più giovane. Mi fido del suo sguardo.

Che temi affronterete?

Al di là del sound, siamo da sempre un gruppo che ha parlato prima di altri di cittadinanza globale, immigrazione, superamento delle barriere culturali. Sono temi ancora pressanti. Noi degli anni ‘90 cercavamo di raccontare qualche cosa, non per educare, ma per far passare le idee. Oggi è tutto al ribasso. Mi fanno ridere i ragazzini italiani che ti parlano come fossero pusher. Bisogna scrivere di storie importanti, per lasciare una traccia, perché poi il gioco poi finisce.

Quest’intervista è tratta dal numero 17 di De Agostini Vinyl

 

 

 

SANACORE – IL VINILE

Contiene anche due inediti ritrovati, “Tamms Dub” e “Heartical Dub, i testi delle canzoni e foto inedite delle sessioni in studio e a Procida del 1994. L’album è prodotto dagli Almamegretta, registrato al Pioppeto Project di Procida da D.RaD. e al Megaride Sound Studio di Napoli da Gianni Ruggiero. Mixato da Adrian Sherwood e Andy Montgomery all’ On-U Sound Studio di Londra.

La tracklist:

Side A “’O sciore cchiù felice” – “Maje- Pe’ dint’ ‘e viche addò nun trase ‘o mare” – “Sanacore”

Side B “Ammore nemico”– “Scioscie viento”– “Ruanda”

Side C“Nun te scurdà” – “Se stuta ‘o ffuoco” – “Tempo”

Side D “Tamms Dub” – “’O sciore cchiù dub” – “Heartical Dub “

 

 

GLI ALMAMEGRETTA E PINO DANIELE

“Per me Pino era una divinità. Sono cresciuto tra Milano e Bergamo, ero adolescente, tutti lo cantavano, io lo capivo. Mi sono avvicinato al mio eroe, siamo diventati amici. Venivamo dallo stesso quartiere, mi ha insegnato tanto, e mi ha invitato allo stadio San Paolo nell’88. Voleva cantare con me Sanacoree durante il bis mi ha lasciato il palco per “Yes I Know My Way”.Non ci sono video, ma c’ero io che cantavo e lui che suonava la chitarra dietro di me, davanti a 80 mila persone. È stato un regalo bellissimo”.

 

“Il primo concerto che io ho visto è stato Bob Marley a Milano, sono quasi scappato di casa per vedere quel concerto. Pino apriva. E forse gli Almamegretta, tra napoletano e Giamaica, sono nati lì”.