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Nata come costola della Decca Gramophone Company subito dopo il crollo di Wall Street del 1929, l’etichetta inglese è diventata uno dei colossi della musica mondiale, capace di lanciare i musicisti più illustri della storia, tra cui i Rolling Stones (ma non i Beatles)

[di Gareth Murph – pubblicato su Vinyl n. 12]

«Vendere i grammofoni ma non i dischi è come vendere i rasoi senza le lamette». Questa è la conclusione scritta da Edward Lewis, consulente finanziario ventinovenne di un’azienda che arranca a stento nel mercato dei grammofoni: la Decca Gramophone Company. È l’inizio del 1929 e, come succede spesso, i vertici della compagnia si rifiutano di seguire il suo consiglio. Radunato allora un gruppo di investitori, Lewis decide di comprare in blocco la morente azienda e di rifondarla da capo.

Ribattezzata semplicemente Decca, la nuova etichetta deve fare subito i conti con uno dei momenti storicamente più difficili per il mercato discografico e per l’economia in generale: la radio sembra infatti aver reso i dischi un reperto d’altri tempi, mentre lo storico crollo di Wall Street paralizza l’intera finanza occidentale. Il numero di dischi prodotti globalmente ne esce letteralmente decimato: dai 100 milioni nel ’27, a soli 10 milioni nel 1930.

La Decca riesce però a risorgere proprio grazie all’intraprendenza di Edward Lewis, che nel 1934 si assicura miracolosamente il contratto di Bing Crosby.
Nel frattempo, entra anche come leader nel nascente mercato dei Juke-Box Wurlitzer, mettendo in moto una produzione di circa mezzo milione di dischi. Entro il 1940 la Decca diventa leader del mercato discografico, scavalcando RCA-Victor e CBS-Columbia, accaparrandosi un vero e proprio arsenale di astri nascenti della musica (Count Basie, The Andrews Sisters, Glenn Miller, Sister Rosetta Tharpe, The Mills Brothers, Louis Jordan tra i tanti).

Non solo: i suoi impianti funzionano meglio, i suoi studi di registrazione sono più efficienti, i suoi tecnici dei juke-box sono i più veloci a rispondere alle chiamate dei clienti…

Dalla guerra agli Stones

Quando scoppia la Seconda Guerra Mondiale la Decca è pronta a diventare la voce delle truppe alleate che combattono e soffrono contro il nemico, mentre lontano dai riflettori collabora con il ministero della difesa inglese alla progettazione del famoso Decca Radar, il dispositivo anti mine che renderà di fatto possibile il D-Day.

Quando, dopo la guerra, le vendite dei dischi riprendono piede e il rock and roll invade l’Europa, la Decca è ormai un vero colosso della musica. Se è mai esistito un boom del rock and roll in Inghilterra, è più che certo che il suo epicentro è stata la Decca, che inaugura l’era del pop con la famosa hit Telstar, firmata dai Tornados nell’agosto del ’62, una vera e propria overture degli Swingin’ Sixties londinesi.

Parlophone, la Decca assume un nuovo produttore, l’americano Shel Talmy, che nel 1963 sarà così ardito nella sua visita londinese da spacciarsi a Dick Rowe come il produttore di due acetati ancora inediti di Surfin’ Safari dei Beach Boys e There’s Music In The Air di Lou Rawls: «Lo ammetto, sono stato sfacciato» racconta oggi lo stesso Talmy, «ma non mi interessava perché pensavo di tornare a casa nel giro di poche settimane». La Decca gli affida subito una band da seguire, i dublinesi Bachelors, e lo fa diventare uno dei più pagati talent scout fuorilegge della storia.

Sarà invece il giovanissimo promettente produttore Andrew Loog Oldham, nel ’64, a portare sotto contratto per la Decca i Rolling Stones, superando le perplessità di Dick Rowe e anche le difficoltà legali derivanti dal suo non essere ancora maggiorenne.

In ogni caso, racconta Oldham, «una volta che I Wanna Be Your Man ha raggiunto la top 10 ho avuto carta bianca su tutto, a patto che mia madre firmasse i contratti per me». Appena diciottenne, ma già profondamente «corrotto» dalla vita di strada londinese, sarà proprio Oldham ad aggiungere la «g» in Rolling Stones e a insistere che nessuna scritta, fatta eccezione per il nome della band, comparisse sulla copertina del secondo disco degli Stones, uscito nel ’64.

[continua con la seconda parte]