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Ritratto dell’artista-artigiano del cantautorato italiano, oggi scrittore

[di Gianni Sibilla – articolo pubblicato su Vinyl n.12 / continua da Francesco Guccini: «Mi ha salvato l’onestà» – l’intervista pt. 1/2]

L’ultimo brano inedito, Natale a Pavana, è cantato in dialetto pavanese. Quanto è stata importante la lingua italiana invece?
Io sono innamorato della lingua italiana. Ne sono stato sempre incuriosito. Le parole possono essere girate, avvolte di significati diversi ed è interessante conoscere e riconoscere tutte queste sfumature; sono appassionato di etimologia, mi piace ricostruire la storia delle parole, studiarle e sapere esattamente come utilizzarle, perché la parola è uno strumento fortissimo.

In questa canzone ricordi il Natale della tua infanzia. Qual è stato il primo seme che ti ha portato a diventare il cantautore che sei stato?
Natale a Pavana esisteva già, è una poesia che avevo scritto per un amico modenese, un professore di letteratura italiana all’Università di Bologna che scherzosamente sosteneva la mia “modenesità”. Con questa poesia in dialetto ho rivendicato il mio legame con Pavana. Racconta proprio il Natale della mia infanzia a Pavana negli anni del dopoguerra. La linea ferroviaria era stata interrotta, ricordo tanta neve, la difficoltà del viaggio… e tanti tortellini che allora erano un lusso. E poi i miei monti, il mio fiume e tutti i parenti con cui avevo passato i primi anni della mia vita. Ho sempre sognato di scrivere, fin da bambino: leggevo di tutto, nel vero senso della parola. Dai sussidiari di scuola del nonno ai romanzi d’appendice che collezionava mia zia, pur di leggere mi andava bene tutto. Mi è sempre stato insegnato che bisogna essere onesti. L’educazione che ho ricevuto è semplice: riflette anche molto i luoghi dove sono nato. Una mentalità montanara con un grandissimo senso etico e integrità, tutti valori che aveva la mia famiglia e la comunità in cui vivevo, che mi hanno reso l’uomo che sono diventato.

Che cosa c’era di speciale negli anni ’70 e cosa pensi dei cantautori di oggi?
Allora c’era un fermento particolare, c’è stato il periodo eroico, diciamo così, dei cantautori. Negli anni ‘70 c’era meno libertà, oggi è tutto più facile in tutti i campi della vita, dalle relazioni ai temi sociali. Erano momenti diversi, sensazioni che venivano fuori da esperienze diverse, oggi il mercato musicale segue altre logiche. Forse c’è qualche rapper che ha qualcosa da dire, che ha quella voglia di raccontare qualcosa.

Rimane ancora oggi la voglia di scrivere canzoni? L’urgenza di raccontare?
Un po’ credo di sì. Io incontro persone di buona volontà, dalla visione lucida, non ottusi. La musica ha il vantaggio di arrivare velocemente: io leggo i quotidiani, mi informo, vedo che molti giovani sono disinteressati, ma non tutti. Sono fiducioso, nonostante la mia natura pessimista.

Un tempo hai detto: «La vita finisce quando smetti di prendere decisioni». Quali scelte non rifaresti e quali invece ringrazi di avere fatto?
Capita spesso negli anni di sentire qualcosa che funziona fino a un certo punto, oppure che poteva essere meglio di così. Per esempio quando rivedo le mie esibizioni o mi riascolto, ma non ho mai avuto ripensamenti o tentennamenti. Mi ha sempre salvato l’onestà, credo. Però, se posso dirlo, mi dispiace non aver coltivato la pittura. Qualche disegno l’ho fatto anche io, e invidio chi ha quel talento.

Per quest’ultimo brano hai scelto Mauro Pagani. Quali collaborazioni ricordi come indimenticabili? E quali avresti voluto?
Quella con Roberto Vecchioni, grande amico. Dice che ha fatto fatica a convincermi, ma non è vero: mi ha telefonato e gli ho detto di sì. Solo è dovuto venire lui quassù a Pavana a registrare, perché io non mi muovo volentieri, e abbiamo registrato qui in casa. Una volta ascoltando Luci a San Siro ho pensato: «Maledizione, perché non l’ho scritta io». Mi è successo mille volte, anche con Come è profondo il mare di Lucio Dalla.

Hai scritto più di 200 canzoni. Quale tuo disco salveresti, alla fine del mondo?
Ma non saprei… salverei i miei libri, dopotutto ora sono uno scrittore.

[foto: Zuffe – licenza: Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported