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“Dragon Lines”: lo stupore che si prova di fronte a queste misteriose “linee temporanee” lungo cui si allineano i luoghi spiritualmente più importanti del pianeta è inspiegabile… come la musica

[articolo pubblicato su Vinyl n. 11]

Tales from Topographic Oceans è un lavoro potente, di ampissimo respiro: tra i suoi ottanta minuti di musica si condensano riflessioni trascendentali ispirate dalla recente apertura di Jon Anderson, cantante e autore della band, alla filosofia orientale, in particolare all’interpretazione offerta da Paramahansa Yogananda nel suo libro del 1946, Autobiografia di uno Yogi.

Questo distacco dalle tematiche consuete degli Yes non ha certo entusiasmato tutti i fan, e non pochi critici hanno avuto da ridire sull’atteggiamento al contempo dilettantistico e ambizioso della band nell’affrontare, di punto in bianco, riflessioni così profonde. Al di là delle chiacchiere e delle opinioni, però, questa evoluzione degli Yes rispetto al disco precedente, Close to the Edge (1972), viene perfettamente sottolineata dalla copertina del disco, diversa dalle precedenti per genesi e per atmosfera.

Roger Dean, l’autore di questa cover, comincia a collaborare con gli Yes già ai tempi di Fragile. Nel 1971, al centro delle sue riflessioni c’è la preoccupazione per i disastrosi effetti dell’inquinamento. Quella copertina infatti ritraeva una scena apocalittica di una Terra sull’orlo della disintegrazione, da cui gli ultimi sopravvissuti fuggono a bordo di un’arca spaziale.

Due anni dopo, però, per Tales from the Topographic Oceans, Roger Dean non si limita più a esprimere le sue visioni del mondo: diventato ormai uno stretto collaboratore della band, quando si imbarca con loro per il tour nipponico di Close to the Edge, prima del volo condivide con i musicisti una torta a base di stupefacenti e, mentre l’aereo diretto a Tokyo solca i cieli sopra l’arazzo degli stupendi paesaggi dell’Alaska, sprofonda in una densa conversazione con Anderson sui temi poi trattati da questo loro sesto disco: dalla trasmigrazione dell’anima ai segreti pattern geografici, le famose “dragon lines”, quelle rotte misteriose tracciabili allineando i luoghi di culto di tutto il mondo.

L’idea della copertina di Tales from Topographic Oceans nasce qui, dall’incontro tra meditazioni spirituali e amore per la rappresentazione di paesaggi e rotte immaginari, di cui Roger Dean è sempre stato, a sua detta, un cultore. In alto, sotto il logo “a bolla” della band anch’esso ideato da Roger Dean, compare un cielo notturno stellato.
Nessuno degli elementi ritratti sulla copertina, ci tiene a precisare l’artista, è inventato: il tempio piramidale che si staglia al centro del paesaggio contro il disco lunare è quello di Chichen Itza, nella penisola dello Yucatàn (una citazione esplicitamente richiesta da Jon Anderson).

Le rocce bagnate dalla cascata sulla sinistra sono quelle di Brimham Rocks, nello Yorkshire, mentre quelle ritratte a destra provengono dalle scogliere di Land’s End, in Cornovaglia. Sul retro, la citazione delle formazioni rocciose più affascinanti del mondo continua con la Logan Rock di Treen, lontana sulla sinistra, e quelle di Stonehenge e Avebury più al centro, tra cui nuota un banco di pesci dall’aspetto preistorico. Nella stampa originale del disco, il movimento dei pesci è suggerito da una scia bianca semitrasparente, rimossa dallo stesso Roger nelle edizioni successive, forse perché l’apparente staticità della rappresentazione rispecchiava meglio l’intento meditativo e trascendentale dell’album.