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Dalla cameretta allo Stadio Olimpico in due anni, con la forza delle canzoni, ballate d’amore che diventano inni di un’intera generazione per un cantautore che non ama parlare di sé, se non con la musica.

[di Silvia Gianatti – intervista integrale pubblicata su Vinyl n.9]

Il 4 luglio si è concluso, con un concerto evento all’Olimpico di Roma, il viaggio inarrestabile di Ultimo, all’anagrafe Niccolò Moriconi, ventitreenne di Roma, primo artista così giovane a esibirsi in uno stadio. Da quel febbraio 2018, con la vittoria a Sanremo Giovani, sono passati tre album.
L’ultimo è Colpa delle favole, disponibile anche in vinile, con un tour omonimo in diciotto palazzetti sold out e un successo che sta imparando a gestire.

Dove vedi l’origine della tua musica?
Sono cresciuto con il Blasco, ho sempre ascoltato i cantautori italiani, ma Vasco per me è Dio. Conosco tutto di lui. Poi Antonello Venditti, Lucio Dalla.

Con Venditti è nata una bella amicizia.
Ci siamo conosciuti a Sanremo. Sono sempre esterrefatto quando penso a quanto sia stato gentile e disponibile con me. Lo sfrutto come maestro musicale, ma si sta dimostrando anche un grande esempio umano.

In quale punto ti senti del cantautorato italiano?
Devo far passare ancora qualche anno per capirlo. So che la cosa difficile è mantenere la posizione.

È come se le tue canzoni avessero una ricetta specifica. Tecnica o istinto?
La struttura della canzone è il mio dna, è il mio modo di scrivere, di mettermi al pianoforte, di approcciarmi alla musica e alle parole. Colpa delle favole è stato puro istinto. Rischio anche di risultare ripetitivo, eppure quando fai le stesse cose ti accusano di ripeterti, ma se cambi non hai un’identità. Preferisco essere me stesso. Potrei cantare per cent’anni e direi le stesse cose; e non è monotonia, è il mio rifugio personale.

Ascolti musica in vinile?
I vinili li compro. All’inizio li ascoltavo anche, per fare il figo. Ma è più comodo Spotify.

I tuoi tre vinili a cui non rinunceresti mai?
C’è chi dice no, di Vasco. Perfect Day, di Lou Reed. Nevermind, dei Nirvana.