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Sono passati trent’anni dall’album di debutto degli Stone Roses, un autentico capolavoro che la band non è mai più riuscita a eguagliare. Un disco che, però, avrebbe potuto essere molto diverso da quello che è. Ne abbiamo parlato con John Leckie e Peter Hook, che si sono contesi la produzione di questa band scintillante e dal presente ancora travagliato

[di John Earls – articolo integrale pubblicato su Vinyl n.10 / continua da Stone Roses: le rose e le spine – pt. 3/4]

La magia è svanita

Con The Second Coming Leckie capisce che la magia è finita, inevitabilmente: «Non poter registrare per tre anni è troppo. Tre anni sono un periodo troppo lungo se sei un ventenne. È l’età in cui cresci, in cui le differenze tra gli individui emergono con più evidenza, soprattutto se non ti frequenti».
Hook, in realtà, conserva un atteggiamento positivo nei confronti dell’ultimo, disastroso, concerto degli Stone Roses nel 1996, quando la band – Mani e Brown se ne sono appena andati – viene sommersa dai fischi al festival di Reading.

«Se tutto doveva finire in un disastro, be’, quello almeno è stato un disastro epocale», ammette ridendo. «La musica oggi è un prodotto sempre più commerciale e pianificato, una noia mortale. Manca quel tocco rock’n’roll che era tipico degli Stone Roses e il loro concerto finale, beh, è stato molto rock’n’roll…».

Le strade di Hook e Leckie si sono nuovamente intrecciate nel 2005, quando quest’ultimo ha prodotto un brano, Krafty, dell’ultimo album dei New Order cui Hook ha partecipato, Waiting for the Sirens’ Call.
«Quando i Roses hanno registrato il loro primo album, non lavoravo più con loro, per cui non posso sapere, ma una vocina mi dice che avrei fatto un lavoro migliore alla produzione», insiste Hook. «Quando John ha lavorato con i New Order pensavo che fosse ok, ma non mi aveva entusiasmato… Penso che io e Bernard avremmo potuto fare meglio. È solo la mia opinione, ovviamente, credo che chiunque pensi di poter fare meglio degli altri».

A dimostrazione di ciò, anche Leckie nutre simili sensazioni in merito ai singoli del ritorno sulle scene degli Stone Roses: All For One e Beautiful Thing, prodotti da Paul Epworth.
«Mi sarebbe piaciuto produrli di nuovo», dice Leckie. Che cosa avrebbe fatto di diverso per quelle canzoni? «Le avrei fatte meglio».

Hook è compiaciuto dal successo finanziario ottenuto dai Roses con i loro concerti dal 2012, sebbene sul tour negli stadi del 2017 sia ancora critico: «Reni è uno dei migliori batteristi al mondo e il fatto che non gli vengano corrisposti diritti per la composizione dei brani è un delitto. La maggior parte delle loro canzoni è stata composta prima che Mani entrasse nella band e Reni ha contribuito così tanto alla loro musica che è veramente scandaloso che questo fatto non sia riconosciuto. Senza Reni, la musica degli Stone Roses non sarebbe la stessa… e non sarebbe così buona. Per cui sono contento che la reunion abbia portato a Reni e Mani una giusta ricompensa».

I membri della band non concedono interviste dal 2011, dai tempi della brillante e ostica conferenza stampa per la loro reunion. A parte due sessioni di autografi, Brown ha deciso di non fare promozione al suo recente album solista Ripples. Sembra che abbia detto ai fan che tutte le canzoni scritte dalla band dopo All For One e Beautiful Thing usciranno «l’anno prossimo».

Hook crede che questa consegna del silenzio abbia senso, che sia una sorta di “valvola di sicurezza” per impedire che qualsiasi contesa dietro le quinte possa finire in pasto al pubblico. Approva anche l’operato del nuovo manager dei Roses, Simon Moran, che segue la carriera anche di altri gruppi di Manchester come The Courteeners, Blossoms, Paul Heaton & Jacqui Abbott e Cabbage, ma è rimasto affezionato a Gareth Evans, che ha incontrato un paio di anni fa, quando l’ex manager dei Roses ha cercato di vendergli una casa: «Era una fattoria in realtà, e la casa colonica era troppo piccola», ricorda. «Gareth allora ha insistito: “Sì, va bene, ma ci sono un sacco di granai”. Sono andato a dare un’occhiata ai granai ed erano pieni zeppi di T-shirt degli Stone Roses. “Sì, è ciò che rimane dei giorni passati”, mi ha detto. Oggi i gruppi fanno i soldi, ma alla musica mancano personaggi come Gareth».

L’omertà attorno al gruppo rende impossibile sapere con certezza se la band tornerà nuovamente sulle scene. Quello del 2017 è stato il loro ultimo concerto? L’anno prossimo usciranno dei nuovi brani, oppure ci saranno nuove esibizioni dal vivo? È vero che tre anni fa un nuovo album in studio è saltato solo perché Reni non ha intenzione di entrare nuovamente in sala di registrazione? Nessuno al di fuori di Brown, Squire, Mani e Reni può rispondere a queste domande. Quello che è certo è che la stima che circonda gli Stone Roses continuerà anche in futuro.

«È incredibile il consenso che ancora oggi riscuote il loro album di debutto, anche tra i più giovani», conclude Leckie. «Ogni tanto lo riascolto, è fantastico».