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Alla riscoperta di Nick Drake. Un artista originale, un’anima fragile, un cantautore di culto.

di Jonathan Wright
testo integrale pubblicato su Vinyl n.8 (maggio 2019)

[continua da Nick Drake: musica di un altro mondo – pt. 3/4]

Nonostante tutto, nel 1974 Drake fa una visita a Joe Boyd, il suo antico pigmalione.
Appare trascurato ma, fatto ancor più disturbante, è arrabbiato: «Gli avevo detto che era un genio e anche altri si erano accodati a quel giudizio. Quindi, perché non era diventato ricco e famoso? Doveva aver covato quella rabbia per anni sotto quell’apparenza così innocua».

Gli ultimi passi

Drake, infatti, vuole tornare in studio di registrazione e così Wood e Boyd organizzano un’altra sessione ai Sound Techniques, che produrrà, tra le altre, Black Eyed Dog, un’elegia a se stesso da affiancare a Solid Air, la dolorosa canzone a lui dedicata dall’amico John Martyn nel 1973.
Drake, però, è davvero in cattivo stato. L’artista che una volta suonava e cantava insieme a un’orchestra, deve ora registrare separatamente chitarra e voce.

Ci sarà una seconda sessione in studio ma di lì a poco, il 25 novembre 1974, il cantautore viene trovato morto a casa sua.
Il magistrato classifica la sua morte come suicidio per overdose, ma Boyd preferisce pensare che sia stato un incidente. Drake ha solo ventisei anni.
«È facile pontificare», ha ricordato la sorella e attrice Gabrielle a The Guardian nel 2014, «dire che è colpa dell’ambiente ingessato e borghese, che nessuno lo capiva e cose del genere. La verità è che tutti lo capivamo, eppure è successo comunque».

Una rivoluzione tranquilla

Per una tragica ironia dell’esistenza, la fama artistica di Drake esplode dopo la sua morte e ancora oggi non cessa di brillare. Inizia negli anni ’80, quando band come Cure e REM lo eleggono a punto di riferimento.
Addirittura, nel 1999, Volkswagen utilizza la title track di Pink Moon per una sua fortunata campagna pubblicitaria.

Comunque sia, l’uomo che in vita faticava a vendere qualche migliaio di copie oggi ne vende milioni e la sua influenza è diventata così pervasiva che è quasi impossibile sfuggirvi, fatto sicuramente vero per qualsiasi artista classificato sotto la voce di comodo nu-folk.

«Cohen per i testi, Dylan per l’atteggiamento e le immagini, Drake per le emozioni», così John Parish sintetizza l’atmosfera che permea il panorama folk moderno: «Anche se qualche artista ti dicesse che non conosce Nick Drake, nella sua musica ci sono gli elementi costitutivi e fondamentali di questo genere. Senza di lui, oggi il folk sarebbe diverso».

[L’immagine risulta di pubblico dominio perché pubblicata negli Stati Uniti fra il 1924 e il 1977, inclusi, senza un avviso di copyright]