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Si può sopravvivere artisticamente ai Sex Pistols? John Lydon ci è riuscito, dando vita a un esperimento musicale e creativo che ancora oggi, dopo 40 anni, non ha esaurito la sua forza propulsiva.

di Sean Egan
intervista integrale pubblicata su Vinyl n.6 (febbraio 2019)
[Foto: Nationaal Archief – licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Netherlands]

Alla fine degli anni ’90 John Lydon non può più mettere piede in uno studio di registrazione. I suoi Public Image Ltd hanno realizzato diversi album di successo, commerciale, di critica o a volte di entrambe le cose. Tuttavia, la sua casa discografica non ne vuole sapere di finanziare nuovi progetti. Però non vuole nemmeno rescindere il suo contratto. Un dilemma kafkiano. «Un bel problema», dice lui scuotendo la testa. «Tu gli devi dei soldi, ma loro non ti vogliono prestare il denaro che ti consentirebbe di guadagnare il necessario per saldare il debito. Non ti aiutano a registrare dischi, o ad andare in tour. E se guadagni qualcosa indipendentemente da loro, se lo prendono come caparra per quello che gli devi».
Per l’ormai ex Johnny Rotten sembra avvicinarsi la fine della carriera. Una carriera in cui ha sofferto per imporre la sua arte ma in cui, secondo alcuni, ha finito anche per svendere il suo passato.

Aria nuova

I Public Image Ltd, conosciuti più semplicemente con l’acronimo PiL, sono nati in quello che Lydon definisce «un periodo di grande confusione». Quando, all’inizio del 1978, lascia il ruolo di frontman dei Sex Pistols, Lydon viene «abbandonato in America senza nemmeno il biglietto aereo per tornare a casa». Una volta rientrato nel Regno Unito, si trova subito invischiato in una causa giudiziaria che lo priva di denari e identità. «Il management dei Sex Pistols avanzava diritti su tutto, persino sul mio nome. È per questo che sono tornato a essere John Lydon. Fosse stato per me, avrei continuato a essere il signor Rotten». Che fondasse una nuova band era scontato: «Scrivere canzoni è sempre stato un mio pallino, e mi piaceva farlo». Ma doveva essere qualcosa di completamente diverso. «Sotto molti aspetti sentivo l’esigenza di essere libero, ero consapevole che nei Sex Pistols eravamo stati sottoposti a restrizioni notevoli».

Public Image

Detto, fatto: Lydon ingaggia il (neo)bassista Jah Wobble (all’anagrafe, John Wardle), il mellifluo chitarrista Keith Levene e Jim Walker, uno studente canadese, alla batteria. Nonostante la peculiarità della formazione, John ricorda che il processo collettivo di scrittura dei brani si innescò «subito, durante le prove, perché eravamo amici, non come nei Pistols». E aggiunge: «La nostra era una situazione aperta, c’era totale libertà e ci si divertiva. Per quanto riguarda i testi delle canzoni, poi, io scrivo sempre. L’ispirazione mi viene immediatamente e su qualsiasi cosa».
Il loro primo brano è Public Image, una provocatoria denigrazione di ciò che erano stati i Pistols. «Assolutamente perfetta», dice Lydon. «Le parole mi uscivano di bocca con una facilità disarmante».

Alti e bassi

Nonostante l’eccitazione per la nuova avventura, la registrazione dell’album di debutto, Public Image: First Issue, avviene in un’atmosfera caotica. «La casa discografica premeva continuamente per far abortire tutto, perché spingeva ancora per una reunion dei Sex Pistols», ma negli ultimi mesi del 1978 Public Image entra nella top ten dei singoli… e così, a dicembre, esce l’album. È un buon disco, con molte cose positive (tranne il volume del basso, esageratamente alto). Il passo successivo è la pubblicazione di un singolo, la potente Death Disco: «Parlava di mia madre, che era morta per un cancro allo stomaco, una cosa che mi aveva dilaniato emotivamente», spiega Lydon.

Metal Box: si ama o si odia

Il secondo album del gruppo è invece Metal Box, pubblicato nel 1979 sotto forma di tre 45 giri di 12 pollici e poi ristampato nel 1980, come Second Edition, in formato doppio Lp.
«Un giornalista definì l’album “un lento mastodonte”, una definizione che adoro, penso che abbia colto nel segno». Altri lo definiranno però “un lento ronzio”, segno che siamo di fronte al classico disco che o si ama o si odia. «Ma questo si può dire di qualsiasi cosa», taglia corto John, alzando le spalle.

Il valore terapeutico di The Flowers of Romance

Il terzo album del gruppo, The Flowers of Romance (1981), è un disco che assume valore terapeutico per Lydon, scosso dall’arresto in Irlanda per dubbie accuse di aggressione. «Era un periodo frenetico e, per me, il lavoro è sempre la risposta a un problema». La registrazione avviene ai Townhouse Studios di Londra, per la verità ancora in costruzione: «Era come trovarsi nelle segrete di un castello». Di fatto, può essere considerato un album solista. Wobble se ne era infatti andato. Il nuovo batterista, Martin Atkins, aveva preso velocemente un momentaneo congedo, mentre Levene – ricorda Lydon – «passò il tempo delle sessioni di registrazione immerso in partite a Space Invaders… Le sostanze stavano distruggendo la sua creatività». Così rimane solo lui a suonare… tutto quello che può e a picchiare «su qualsiasi cosa mi capitasse a tiro». Alla fine, però, la miagolante title track diventa un successo ancor più improbabile di Death Disco.

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