Gianluca Picariello torna a tre anni di distanza con Scritto nelle stelle, un disco di undici canzoni che indicano la sua ripartenza, confermandolo la voce urban soul della sua generazione

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Ghemon è un pignolo. Ama chiudersi in studio e controllare che ogni suono venga registrato così come lo aveva immaginato. Non rincorre le mode, non insegue il successo, ma in sei dischi e una lunghissima gavetta ha saputo ritagliarsi una fetta di pubblico fedele e quello che lui stesso definisce “un posto al sole”, riuscendo a dimostrare di portare avanti uno stile unico che non rientra in alcuna definizione. Nella sua musica troviamo il pop, l’urban, il funk e anche l’hip hop con cui il cantautore ha iniziato. Scritto nelle stelle, il suo ultimo album, è uscito anche in vinile e lo ha riconfermato la voce più soul del panorama italiano, dimostrando il coraggio di un artista che avrebbe potuto rimandarne l’uscita ma che ha scelto consapevolmente di pubblicare il suo album, anche nel momento meno consigliabile per le vendite. Perché la musica aiuta, al di là dei ragionamenti utilitaristici di mercato.

Con molto coraggio hai fatto uscire il tuo disco durante il periodo del lockdown. 

Il coraggio non mi manca. Era importante per me lanciare un messaggio e celebrare comunque un disco in cui ho messo tanto di me. Notti e giornate intere di un’estate in tour, facendo quello che amo. Volevo farlo ascoltare. I fan sono stati presenti lo stesso.

Scritto nelle stelle, partiamo dal titolo.

Non è un titolo a caso. Ho pensato alle parabole della mia vita, agli anni precedenti. Mi è sembrato fosse stato tutto scritto da qualche parte. Non credo più alle cose che succedono per caso. La vita è fatta di percorsi, si trovano sempre ostacoli ma bisogna mettersi in gioco. Oggi sto bene, ho imparato a riconoscere le mie emozioni. Questo è un disco in cui non sto fermo. Queste canzoni sono io.

Quando sono nate?

Non sono venute subito. Ci ho messo più di un anno, mi sono preso il tempo per fare le cose bene. Le persone da me si aspettano cose belle. Ho scritto tantissimi pezzi come faccio sempre, ma forse per la prima volta ho trovato la forza di tagliare il superfluo. È un disco denso, ridotto all’essenziale, senza emozioni ripetute. Ho voluto un disco pieno di colori.

Cosa vuoi che resti di quest’album?

Voglio che arrivi la storia del mio percorso. Che passi il messaggio che le ricompense della vita arrivano non perché sei stato sfortunato e il destino ti deve ricompensare ma perché sei andato a prenderti quello che volevi. Sono un secchione perché voglio essere un artista versatile con più possibilità di declinare il mio messaggio.

Quest’intervista è tratta dal numero 15 di De Agostini Vinile. Foto di Andrea Nose Barchi. 

 

 

 

 

LA DISCOGRAFIA

2007 – La rivincita dei buoni

2009 – E poi, all’improvviso, impazzire

2012 – Qualcosa è cambiato (qualcosa cambierà vol.2)

2014 – Orchidee

2017 – Mezzanotte

GHEMON E I VINILI

Di vinili ne ho tanti ma non tantissimi, tra i 500 e i mille. E stando a casa in questo periodo ne ho ascoltati molti di più. I più importanti della mia collezione sono tre copie diVoodoodi D’Angelo: due sono in edizione speciale e uno è un doppione. Poi Let’s Get It Ondi Marvin Gaye e New Pulse Jazz Banddi Galt MacDermot, il compositore anche del musical Hair. Mi è stato regalato da sua figlia, autografato. Grazie al mio lavoro a volte incontro persone straordinarie. A casa ho un impianto entry level, dell’Indiana Line: suona pulito. Poi ho recuperato a pezzi un vecchio stereo della Technics. Sono particolarmente fiero del vinile del mio album, è un bell’oggetto è amo la copertina: è una fotografia che può andare oltre il tempo.