Condividi su

di Andrea Pedrinelli
intervista integrale pubblicata su Vinyl n.6 (febbraio 2019)

A Life in Song, che si potrebbe tradurre scrivendo di un’intera esistenza vissuta in forma di canzone.
Si intitola così il bel Dvd che vede al tempo stesso protagonista e dedicatario il grande Burt Bacharach, e che non è che la più vistosa delle varie iniziative discografiche pensate negli ultimi mesi per celebrare i novant’anni smaglianti del Maestro di Kansas City.

Nel Dvd, realizzato nientemeno che dalla storica BBC inglese, Bacharach si racconta sul palco londinese della Royal Festival Hall regalando agli appassionati un lungo medley di suoi successi e, soprattutto, assistendo (non senza commozione) alla sfilata di hit nate dalle sue mani riviste dalle voci di artisti del livello di Rebecca Ferguson, Michael Kiwanuka o Joss Stone.

Ma A Life in Song non è, come si accennava sopra, l’unico evento discografico pensato per celebrare i diciotto lustri di un gigante già paragonato, nella storia della musica americana contemporanea, soltanto a Cole Porter o George Gershwin.
Nei negozi infatti è tornato, dopo anni fuori catalogo, anche lo storico album Reach Out, il secondo disco della carriera di Bacharach e quello che nel 1967 ne segnò il debutto con l’etichetta A&M, in un esordio costellato di grandi pezzi come Alfie, I Say a Little Prayer e A House Is Not a Home. Un album arricchito anche da un’interpretazione del Maestro in veste di pianista-cantante.

Reach Out, distribuito in Italia da Egea Music, è uscito sia in Cd che in Lp ad alta grammatura e tiratura limitata. Fra i vinili di nuova pubblicazione spicca, sempre per i 90 anni dell’artista, The Story of My Life ovvero The Songs of Burt Bacharach. Si tratta di greatest hits di diciannove brani del compositore eseguiti da interpreti di alto profilo.

L’album, in formato Cd, cambia titolo (Essential Recordings 1955-62) e diventa un monumentale album triplo dove si rincorrono le voci di Dionne Warwick, Gene Vincent, Perry Como, Johnny Mathis, Bobby Vee, Etta James, Gene Pitney, The Shirelles, Cliff Richard, Mel Tormé e The Drifters a formare lo sterminato elenco di interpreti storici di Bacharach, un elenco che pare una Hall of Fame. Ci sono persino Marlene Dietrich e Sophia Loren a cantare Bacharach nell’opera. La prima alle prese con Sag mir, wo die Blumen sind?, l’inno anti-militarista di Pete Seeger Where Have All the Flowers Gone? nella versione tedesca con l’arrangiamento di Bacharach. La seconda a cinguettare Donne-moi ma chance, versione francese di Too Late to Worry scritta nel ’62 per Babs Tino.

Il fatto è che di Burt Bacharach, e di chi ne ha interpretato i magici spartiti, si potrebbe scrivere per pagine e pagine. Dopo gli studi di musica e il debutto da pianista di Marlene, lo statunitense divenne autore famoso e richiestissimo grazie a Magic Moments, dilagante per il mondo grazie all’ugola di Perry Como nel 1958. Da allora non si è più fermato, arrivando a vincere tre Oscar, numerosi Grammies con la ciliegina del Grammy alla carriera, scrivendo per (e/o lavorando con) Neil Diamond, Aretha Franklin, Dusty Springfield, Elvis Costello, persino il rapper Dr. Dre.

Senza scordare quante canzoni di Bacharach siano state riprese da stelle come Beatles, Tom Jones e i più famosi jazzisti, o l’eco delle sue composizioni destinate a teatro, musical e cinema. E non è ancora finita.
Incontrando Burt Bacharach si ha l’impressione di trovarsi davanti a un musicista dall’energia dirompente, con un’infinita voglia di scrivere musica e di suonarla. Nella cornice di una gentilezza d’altri tempi e di un sorriso, come le sue canzoni, senza età.

Maestro, come è iniziato tutto? Quando si è innamorato delle sette note?
Da giovanissimo. Un autore che mi ha influenzato fin da ragazzo è stato Cole Porter. Con la musica Porter scriveva romanzi, e sin da quando ho ascoltato Night and Day mi sono innamorato di quella prospettiva, tipica di un mestiere che poi è stato il mio.

Ma quando si è reso conto davvero che avrebbe vissuto di e nella musica?
Quando Magic Moments entrò nelle hit parade di tutto il mondo, quasi sempre al primo posto. Allora suonavo il piano, accompagnando Marlene Dietrich nei suoi recital, e quell’evento fece svoltare definitivamente la mia carriera.

[Foto: via Spotify – continua domenica 7 luglio con la parte 2]