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Il mercato del vinile ha il vento in poppa. Prova ne sono le sempre più frequenti edizioni limitate, che alimentano il mercato del collezionismo frenetico. E i costruttori di giradischi? Tengono il passo, con cataloghi che vengono incontro a qualsiasi esigenza, di prezzo, prestazioni e versatilità.

[di Giancarlo Valletta – articolo integrale pubblicato su Vinyl n.9]

Un primo importantissimo distinguo riguarda i molti – troppi – giradischi “spazzatura” che oramai infestano non solo il web, ma anche molti blasonati negozi del centro. Spesso sono confezionati in attraenti look vintage che, però, nascondono contenuti tecnici, e di conseguenza prestazionali, estremamente modesti.

Diffidate delle apparenze

Spendere troppo poco è una sicura remissione, visto che tutti questi modelli non sono in grado, assolutamente, di estrarre la magia del vinile, quel suono morbido e suadente che tanto ci appassiona.
Quello che deve orientarci, oltre al prezzo, è la presenza di plastica nel giradischi, a volte addirittura nel braccio di lettura.
La plastica, infatti, è il peggior materiale per realizzare un giradischi. Presenta, infatti, caratteristiche fisiche del tutto incompatibili con lo smorzamento delle vibrazioni generate dal giradischi stesso o provenienti dall’esterno.

Ed esistono modelli – anche relativamente costosi – che di plastica ne contengono davvero tanta.
L’obiettivo dello strumento è quello di estrarre il maggior numero di informazioni possibile dalla superficie del vinile. Quindi qualsiasi tipo di rumore e vibrazione non smorzata, sia esterna sia interna (generata per esempio dal motore), si “mischia” alla musica stessa alterandone, letteralmente, il contenuto.
Il giradischi che avrà il compito di far suonare la nostra collezione, vecchia o nuova, deve essere in grado di posizionarsi ogni giorno tra noi e i Dire Straits o Bob Dylan.

Una spesa minima iniziale è quindi d’obbligo. Tutto questo, però, non vuol certo dire che è necessario spendere cifre esagerate. Per fortuna i nuovi materiali e le tecnologie vengono in nostro aiuto, offrendoci, a prezzi tutto sommato molto più che accettabili, prodotti di livello almeno medio e che solo dieci anni fa avremmo pagato cifre esorbitanti.

Le macchine a fresatura numerica CNC, il carbonio, i motori con il controllo elettronico della velocità e il know-how sempre maggiore delle aziende produttrici, ci offrono ormai prodotti con un rapporto qualità/prezzo e con versatilità davvero eccellenti.
Il modello giusto per le nostre esigenze, economiche e di versatilità, ce lo può consigliare un negoziante specializzato, il quale – tra l’altro – saprà meglio orientarci rispetto a ciò a cui lo dobbiamo collegare.
Diffidate inoltre dei prodotti vintage, che spesso non offrono prestazioni soddisfacenti o richiedono costi di manutenzione troppo elevati per il valore dell’oggetto.

Un poker di proposte

Abbiamo scelto per voi quattro giradischi di fasce di prezzo diverse, a cominciare dai 275 euro per arrivare fino ai 2.900. Tutti molto validi e con caratteristiche che li distinguono, in modo da venire incontro a qualsiasi esigenza.
Le aziende coinvolte sono 3.
Innanzitutto la Pro-Ject, austriaca, che è quella più grande a livello mondiale in quanto a numero di pezzi prodotti e quindi con la migliore economia di scala.
Inoltre, due capisaldi della tradizione come Rega, costruttore inglese storico che ha saputo traghettare il giradischi dagli anni ’70 fino ai giorni nostri superando qualsiasi momento di crisi, e l’americana VPI, marchio con giradischi alti di gamma e fortemente caratterizzati.

Sono tutti prodotti con trazione a cinghia, che elimina la trasmissione delle vibrazioni dal motore al piatto girevole, e a telaio rigido, ovvero che non dispongono di una struttura interna che smorza le vibrazioni provenienti dall’esterno.
Per questo motivo va scelta una base di appoggio solida.

Abbiamo scelto di proposito due giradischi più entry level con testina pre-montata e plug&play, ovvero che possono funzionare praticamente senza tarature, e un terzo, il Pro-ject T1 disponibile con o senza testina.
Per i VPI invece sono necessarie taratura e messa a punto, che saranno svolte insieme con il montaggio della testina, quest’ultima da comprare a parte. È del resto ovvio che, man mano che si sale con la classe del prodotto, sia giusto pensare a un pick-up separato che venga incontro alle esigenze dell’appassionato.

Per scoprire di più sui singoli modelli:

Pro-Ject T1
Rega P2
Pro-Ject X1
VPI Scout + JMW9T