Abbiamo raggiunto il paesino di Villaines-La-Juhel, trecento chilometri a ovest di Parigi, per visitare Il gruppo MPO,
uno dei tre più importanti produttori di vinili al mondo. Alla ricerca di storie ed emozioni… E per farci raccontare tutto quello che bisogna sapere sul nostro amato disco nero

Condividi su

Quest’articolo è tratto da De Agostini Vinyl n.3

Nato nel 1957, oggi il gruppo MPO ha una capacità che supera i 16 milioni di pezzi all’anno e copre l’intera catena produttiva del disco in vinile, compresa la cartotecnica, il packaging  e la logistica. Al nostro arrivo ci accolgono José María Sánchez Covisa, direttore commerciale del gruppo, e Fernando Fuentes, export manager e responsabile delle produzioni DeAgostini in MPO, con cui discutiamo in totale libertà della nostra passione per la musica in vinile.

dav

Fernando, iniziamo con una domanda scontata: vinile vs Cd o mp3. Qual è la differenza di emozioni e sensazioni?

Il vinile è un’autentica esperienza sensoriale, a tre dimensioni, reale, concreta. Il solco risuona davvero attraverso le vibrazioni di una puntina di diamante che lo percorre. Non è un input digitale astratto. È carico di emozioni che si perdono, quando si passa al sia pur ottimo Cd o al file mp3. Non puoi toccare né il solco del Cd né, tanto meno, un file digitale. E non puoi nemmeno godere delle meravigliose copertine dei vinili, riprodotte in miniatura per i Cd e scomparse del tutto nei download musicali. Il vinile, quindi, è un supporto privilegiato per l’ascolto della musica, il modo migliore per far arrivare le emozioni e le note che i musicisti suonano su strumenti veri fino all’orecchio dell’ascoltatore.

Quanto è importante il giradischi?

Molto, l’esperienza sensoriale prodotta da un disco è tale perché viene riprodotto attraverso quello che è anche un vero e proprio strumento musicale, il giradischi che percorre con la puntina il solco del vinile. Gli amanti della musica sanno di che cosa stiamo parlando. La differenza tra musica analogica e digitale è simile alla differenza tra una visione tridimensionale e una riproduzione bidimensionale. Molti direttori d’orchestra non hanno mai voluto andare in sala di registrazione se non per produrre una copia analogica della loro musica, su vinile quindi, perché considerano la loro musica, o la musica in generale, qualcosa di reale e concreto, non adatto a essere riprodotto con strumenti digitali e quindi non “reali”, privi di fisicità. Poi, naturalmente, la capacità di ascoltare la musica, elaborarne le sensazioni, comprenderla è un fatto soggettivo.

Ascoltare musica analogica e musica digitale sono quindi esperienze diverse…

Direi di sì. Ovviamente l’mp3 ha tanti pregi, oltre a essere più facile da produrre e da veicolare. è sicuramente più comodo da ascoltare quando sei fuori casa, quando sei affaccendato in altre cose, stai guidando o stai facendo sport. Se invece vuoi ascoltare un vinile, significa che vuoi solo ascoltare la musica e che hai scelto di fare solo quello, di prenderti il tempo per apprezzarla completamente e nel modo migliore. È un’emozione difficile da spiegare, ma è molto diversa da quella che può dare l’ascolto della musica da un iPod attraverso le cuffie mentre passeggi per la città. Questa musica, invece, quella in vinile, è vera: devi sederti comodo e ascoltarla, senza fare altro, perché è un’esperienza che impegnerà i tuoi sensi completamente.

Vista da dentro, la MPO non è solo una fabbrica. Sembra la caverna di Alì Babà, la fucina di tutti i vinili del mondo.

Vi posso fornire qualche numero: nel 2017 abbiamo prodotto 16 milioni di vinili e abbiamo registrato una crescita della produzione del 30% ogni anno dal 2016. La nostra esperienza e capacità copre al 100% la filiera produttiva del vinile, dal mastering fino al packaging finale e alla logistica. Con tutte le possibilità di personalizzare questi processi su misura per ciascun cliente, grande o piccolo, e con la possibilità di produrre vinili di qualsiasi colore, forma e dimensione, da 40 a 180 grammi e da 7 a 12 pollici, singoli, doppi o tripli e in cofanetto, con i packaging più lussuosi e fantasiosi che ogni cliente possa immaginare. Questo perché abbiamo una decennale esperienza in tutti i settori del media manufacturing e possiamo offrire soluzioni e prodotti per qualsiasi tipo di entertainment.

José María, come è nata l’azienda?

La MPO è stata fondata nel 1957 da Pierre e Monique de Poix. La prima unità produttiva, una pressa per vinili, è stata installata in un castello di Mayenne, in Francia, che era la loro residenza privata, a pochi chilometri di distanza dalla sede attuale di Villaines-la-Juhel. Oggi la nostra fabbrica principale è in Francia, ma abbiamo anche altre sedi operative in Inghilterra, Germania e Spagna. Da allora, poi, la MPO è diventata uno dei più grandi produttori di vinili e di altri supporti musicali e mediatici nel mondo e ha diversificato molto le sue attività e le sue competenze.

Qual è stato il primo vinile prodotto da MPO? Come è cominciato tutto?

Il  primo vinile è stato un 7 pollici di Mozart, di cui una copia autografata dal fondatore è tuttora custodita in una cornice sotto vetro nel castello della famiglia. Quello stesso disco è poi stato ristampato più volte per tutti gli anni ’60, anche se purtroppo non esiste una traccia scritta delle tirature che si facevano all’epoca, per cui è impossibile oggi ricostruire classifiche e quantità di dischi prodotti in quegli anni. La prima linea produttiva fu installata nella residenza stessa dei fondatori, in una stanza adiacente alla cucina. Pochi anni dopo, però, sempre vicino al castello, Pierre de Poix ha costruito il primo edificio destinato solo a una seconda linea produttiva, visto che i ritmi e le richieste del mercato erano in forte crescita.

Immaginiamo che nel frattempo siano cambiate molte cose.

Certo, anche se le macchine che utilizziamo per la stampa del vinile, le presse, sono ancora le stesse che avevamo negli anni ’70 e ’80, sia pure ricondizionate, ottimizzate con controlli elettronici e mantenute alla perfezione. Quindi la qualità di oggi è la stessa qualità dei vinili che facevamo 40 anni fa, anche se negli anni ’70 la produzione aveva raggiunto tirature elevatissime, fino a 60 o 70 milioni di dischi all’anno. Da sempre noi usiamo solo macchine Toolex Alpha, che in parte abbiamo mantenuto e in parte abbiamo ricostruito e restaurato dopo che erano state dismesse alla fine degli anni ’90, ripristinando molte delle linee produttive dell’epoca. Le nostre Toolex Alpha, che sono il corrispettivo delle Rolls-Royce nel mondo dell’auto, esistono in molte versioni, manuali, semiautomatiche e automatiche. Noi siamo gli unici ad avere tutte macchine di questo tipo, fully automated, per cui la nostra esperienza in questo senso è unica e possiamo mantenerle e migliorarle come nessun’altro. A oggi abbiamo 28 linee produttive di questo tipo.

Tutto all’antica?

In realtà alcune fasi di lavorazione hanno seguito più di altre l’evoluzione tecnologica. Per esempio, la procedura dei bagni galvanici delle matrici e degli stampi metallici si è evoluta molto in questi ultimi quindici anni, grazie anche all’esperienza accumulata con tecnologie simili che abbiamo sviluppato per la produzione dei Cd. Questo ci permette di garantire oggi una qualità superiore  e senza confronti, oltre a una maggior capacità produttiva.

C’è qualche titolo che per voi è stato particolarmente speciale?

Una delle produzioni più impegnative degli ultimi decenni è stata quella delle musiche di Star Wars, difficilissime da rendere in modo perfetto e tale da soddisfare le aspettative nostre e del cliente. L’approvazione dei test pressing, in quel caso, è stato un processo davvero lungo e laborioso, che abbiamo fatto lato per lato e con una attenzione maniacale ai dettagli, tanto da richiedere, in qualche caso, il rifacimento di tutto il processo per sei volte consecutive.

Fernando, come si riconosce la qualità di un vinile?

Non è semplice. Il vinile è, sempre e comunque, un prodotto manuale, artigianale e ogni copia può essere diversa dall’altra, anche se di pochissimo. Inoltre l’ascolto e la percezione della sua qualità sono molto soggettivi. A differenza di un master digitale, che può essere analizzato e perfettamente riprodotto al computer, non ci sono strumenti o processi automatizzati che possano riprodurre un vinile in modo sempre esattamente identico. Per questo motivo un disco può essere giudicato davvero solo con l’ascolto vero e proprio. La qualità percepita può variare secondo le condizioni in cui avviene l’ascolto, e ciò include sia le condizioni – e l’esperienza – di chi ascolta sia quelle dell’impianto utilizzato.

Qual è il disco di cui avete fatto in assoluto la tiratura più alta?

La tiratura più alta mai fatta è quella di alcuni titoli all’interno della Beatles Vinyl Collection di De Agostini del 2016, per la quale in tutto abbiamo prodotto oltre 3 milioni di pezzi destinati a loro volta a mercati diversi: Italia, Giappone, Inghilterra, Francia e Spagna. E stiamo ancora producendo nuove ristampe per altri Paesi.

Parliamo di grandi sfide: qual è stato il disco più difficile da produrre?

È difficile ricordare tutto quello che facciamo o abbiamo fatto. Di sicuro, negli ultimi anni una delle produzioni più complicate e sofisticate in assoluto è stata quella dei Rolling Stones, il cofanetto Studio Albums Vinyl Collection 1971-2016, realizzato in partnership con gli stessi Rolling Stones e la Universal Music Group in una stupenda limited edition numerata che raccoglie il meglio della loro musica degli ultimi quarant’anni. La produzione di questo capolavoro è iniziata con una lunga fase di progettazione e di briefing, per capire come realizzare la replica perfetta di tutti quegli album, sia dal punto di vista del sound sia degli artwork, e per fare i mockup della confezione finale, tutti elementi che dovevano essere al top assoluto della qualità. Questi 20 vinili sono stati poi rimasterizzati ognuno con la tecnica dell’half-speed mastering nei famosi Abbey Road Studios, per poi essere stampati su vinile a 180 grammi e confezionati nelle loro copertine gatefold ristampate nel modo più fedele possibile alle originali, ma con materiali di lusso e di altissima qualità. Poi è stato realizzato il cofanetto, composto da una doppia scatola una dentro l’altra, con una apertura che ha richiesto una fustella speciale e che è stata rifinita con un effetto lenticolare cangiante molto particolare.

E una produzione che ha richiesto standard qualitativi superiori alla norma?

Oltre ai Rolling Stones, ancora una volta dobbiamo citare i Beatles. Prima di iniziare a produrre i loro dischi con noi ci hanno chiesto un test qualitativo con la Apple Corps. Quando abbiamo avuto il loro via libera a procedere, gli Abbey Road Studios di Londra ci hanno mandato i lacquer per iniziare la produzione e noi abbiamo prodotto i test pressing per la loro approvazione. Questi ultimi, in alcuni casi, sono stati rifatti più volte per avere la qualità desiderata per la stampa. Siamo molto orgogliosi di aver prodotto una delle più belle edizioni della loro musica mai apparse sul mercato e di aver soddisfatto completamente un cliente così speciale.

Avrai però anche delle preferenze personali, un disco che ti è rimasto particolarmente a cuore…

Ovviamente ce ne sono molti. Ma dovendo fare un solo titolo punterei sulla Sgt. Peppers Lonely Hearts Club Band. 50th Anniversary Edition dei Beatles, del 2017. Vorrei però anche citare Little Fictions degli Elbow, per Concord Records, insieme a molte altre ristampe dei classici di Dire Straits, Supertramp, Bob Marley e Queen.

Meglio un vinile nero o uno colorato?

L’industria del vinile è nata e cresciuta per oltre settant’anni intorno alla produzione di dischi in vinile nero, e quindi è ovvio che questo sia il prodotto vincente e più affidabile. Diciamo che rappresenta da sempre lo standard della qualità. I vinili colorati e con diverse soluzioni estetiche usano additivi chimici di varia natura e alcuni di questi, in certi casi, possono interferire con la qualità della riproduzione nel prodotto finale. Se il cliente punta alla massima qualità della resa sonora, noi consigliamo sempre di usare il classico vinile nero.

In conclusione, José María, il vinile può crescere ancora molto in diffusione?

Credo di sì: considerate che ci sono ancora molti Paesi, anche in Europa e non solo in Asia o in altri continenti, dove la rinascita e la riscoperta del vinile è appena cominciata.