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Rossano Lo Mele
Scrivere di musica
Minimum Fax, 2020, 160 pagine

Il giornalismo musicale è una cosa seria, anche se non a tutti è chiaro. Per iniziare è necessaria una dose equina di passione e dedizione, nonché la voglia (il desiderio smodato, forse è meglio dire) di ascoltare migliaia di dischi, artisti, band e spesso a ciclo continuo. Tanto da arrivare a vedere vita e musica intrecciarsi in un nodo inestricabile.

Questo tanto per sfatare il mito che se la musica non la fai, non ne puoi scrivere… certo, farne aiuta di sicuro, ma non è una conditio sine qua non. La cosa più importante è viverla, in qualche modo, a proprio modo. Sentirla, non nel solo senso di ascoltarla, ma nell’accezione di considerarla una parte di sé, in qualche misura.

Ma non basta ancora. Perché ci vuole anche un bel po’ di “cultura” – nel senso di informarsi, indagare, approfondire (sì, studiare), evitare la superficialità delle nozioni stile Wikipedia che ormai si trovano a bizzeffe online. Questo anche perché il web, purtroppo, è spesso un coacervo di informazioni sbagliate o filtrate male o ancora proprio deraglianti (nomi errati, fatti inventati o non verificati, confusione e pasticci…).

Tutto qui? No. Troppo facile. Perché le nozioni occorre saperle utilizzare, non abusarne, dosarle ed evitare che divengano uno scatolone vuoto o – al massimo – pieno di vanità.

Infine, tagliando un po’ corto, l’elemento imprescindibile: ci vuole un certo talento nella scrittura. Perché nonostante la vulgata abbia spesso imposto l’idea che “scrivere di musica” fosse una sorta di limbo, una serie C del campionato del giornalismo, la verità è esattamente l’opposto. Lo provano decine di nomi giganteschi che di musica si sono occupati nel corso degli ultimi 50 anni o poco più, dimostrando una sensibilità e un talento letterario unici… Greil Marcus, John Savage, Stewart Home, Robert Christgau, Richard Meltzer, Ashley Kahn, Simon Reynolds, Paul Morley (sì anche Lester Bangs, ma era troppo scontato metterlo per primo). E tanti altri.

Scrivere di musica racconta di questo, con un approccio speciale che evita l’accademia – non è un manuale di giornalismo di tipo didattico – e si allaccia all’autobiografia e all’esperienza sul campo dell’autore (che è musicista oltre che giornalista e direttore di Rumore). Il risultato è un testo accessibile da parte di chi mai si era avvicinato all’argomento o è alle prime armi, ma prezioso anche per chi già è immerso in questo mondo. Perché aiuta – e questo è il suo bello – a porsi domande, a mettere a sistema i concetti e a razionalizzare ciò che spesso si perde nei meandri dell’istinto o dell’autoindulgenza.

[a.v.]