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Bob Dylan, Self Portrait
Vinile in edicola dal 13/04/2019

Collana: Bob Dylan Vinyl Collection

È uno dei dischi di Dylan più bizzarri e rivalutati nel corso degli anni. All’uscita vendette talmente tanto da scalare velocemente le classifiche americane e giungere fino al quarto posto, ma Self Portrait non è certamente un album commerciale. Anzi.

Per la maggioranza della critica, a stupire, in questo disco, è la struttura dei brani, l’uso reiterato di vocalismi troppo gravi o troppo acuti, l’esasperazione di una voce fin troppo nasale, la monotonia dei ritmi. Per darvi un’idea dell’accoglienza, Rolling Stone inizia la propria recensione – firmata da Greil Marcus – con le parole: “Cos’è questa merda?!!?” (“What is this shit?”). E Robert Christgau giudicò il disco appena sufficiente, assegnandogli un “C+” su Village Voice. Ciononostante raggiunse la posizione numero 4 della classifica Billboard 200 negli USA e la posizione numero 1 delle classifiche degli album nel Regno Unito.

Il disco fu effettivamente uno shock: del folksinger arrabbiato che accusava i padroni della guerra non c’era traccia, tanto meno del rocker visionario che cantava le lodi del signor tamburino o della pietra rotolante. Al suo posto si vedeva un laconico crooner con la voce da topolino che canticchiava canzoni country, quelle più melense, una musica considerata ai tempi buona solo per i redneck, i reazionari del profondo sud americano per di più resa pesantissima da carichi straboccanti di orchestrazione e cori femminili.

Eppure questo era davvero un autoritratto di Dylan. Che viveva in un mondo tutto suo e aveva deciso di raccontarlo.