I capolavori per eccellenza di Willie Dixon e Janis Joplin, due tra le più belle voci dell’intero panorama blues, spengono cinquanta candeline

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Willie Dixon e Janis Joplin: due artisti ormai scomparsi, che hanno influenzato e cambiato il blues per sempre. I Am the Blues e Pearl: due album, per un totale di 18 brani, che hanno segnato le loro carriere. Entrambi prendevano vita cinquant’anni fa, nel 1970: un anno che gli amanti del vinile non possono dimenticare. 

WILLIE DIXON, I AM THE BLUES 

Un campione sul ring e sul palco, Willie Dixon fa parte della Rock & Roll Hall of Fame nella categoria “Early Influencers”. Un riconoscimento in gran parte dovuto a I Am the Blues, vero gioiello in vinile della sua discografia, registrato con le All Stars di Chicago nel 1970. L’album segna il culmine della celebrità di Dixon e ne celebra la carriera da autore, riprendendo alcune tra le sue composizioni più belle, precedentemente registrate da altri artisti. 

Nove brani, nove capolavori. Pezzi come “Back Door Man”, “Spoonful” e “Little Red Rooster” erano stati un buon viatico per Howlin’ Wolf ma avevano successivamente conquistato il mondo nelle interpretazioni di Doors, Cream e Rolling Stones. “Hoochie Coochie Man” dall’originaria interpretazione di Muddy Waters sarebbe finito nei repertori di musicisti di mezzo mondo. “I Can’t Quit You, Baby”, dopo essere stato incisa da Otis Rush, è poi diventata un must-play per ogni bluesman che si rispetti. 

Un successo che non smette di crescere a tal punto che nel 1990 I Am the Blues diventa anche il titolo dell’autobiografia di Dixon, scritta con l’aiuto di Don Snowde. L’ultimo lascito di un musicista che ha contribuito a trasmettere il blues oltre i confini del pubblico nero grazie al suo talento purissimo, che è oggi ancora celebrato nelle strade della Windy City e sui giradischi di tutto il mondo.

JANIS JOPLIN, PEARL 

Nel 1970 Janis Joplin sceglie di farsi accompagnare dalla Full Tilt Boogie Band. È in quell’anno e con la questa band canadese che inciderà Pearl, il suo (ultimo) capolavoro, uscito postumo l’anno seguente a causa dell’improvvisa morte della cantante per overdose. Il produttore è Paul Allen Rothchild, che ha già lavorato con i Doors. 

Due canzoni hanno la firma di Janis: quella che apre la facciata A dell’album, “Move Over”, e l’epocale “Mercedes Benz”, scritta con Bob Neuwirth e Michael McClure. Bobby Womack scrive per lei “Trust Me”, “Cry Baby”, mentre “Me and Bobby McGee” è una grande canzone di Kris Kristofferson e Fred Foster, in cui la cantante ricorda uno dei suoi tanti, troppi amori sbagliati. Janis registra a cappella “Mercedes Benz”, che sarà la sua ultima interpretazione vocale documentata. Quella del disco è l’unica esecuzione esistente, ma le resta ancora una canzone da cantare, “Buried Alive in the Blues”, di cui rimarrà solo la parte strumentale. 

L’album, nonostante le chiare radici musicali blues e soul, è una vera e propria antologia attraversata da diverse influenze in cui la voce di quella ragazza ribelle, fra sussurri e canti viscerali, raggiunge l’apice. È il testamento senza tempo di un’artista monumentale e allo stesso tempo fragile.

Questi e molti altri 33 giri sono inclusi in They Got Blues, la serie Betterly dedicata al blues in vinile