Il leader dei Thegiornalisti si racconta, tra musica e amore, parlando del nuovo album Love, disponibile anche in vinile

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Il servizio è tratto da De Agostini Vinyl n.2 in edicola dal 15 ottobre

I Thegiornalisti sono sulla scena musicale dal 2009, ma è negli ultimi due anni che la band è “esplosa” nelle classifiche mainstream, passando dalla percezione di genere “indie” romano al nuovo pop, fatto di quotidiano. Merito del precedente album e delle hit del loro leader, Tommaso Paradiso, che brano dopo brano, firmando anche per molti colleghi, si è fatto conoscere a tutti. Romano, 35 anni, laureato in filosofia, ha la capacità di scrivere le parole che in tanti vogliono sentire, tra le immagini della vita di tutti i giorni e la nostalgia anni ’90 che prende automaticamente il cuore di chi fa parte della sua generazione. Il 2018 è il loro anno d’oro. Iniziato con Questa nostra stupida canzone d’amore, passando per Felicità puttana, fino a New York, fa ora spazio al successo di Love, il loro nuovo album, che la band porterà in tour dal 19 ottobre.

Tornate dopo due anni da Completamente sold outcon undici canzoni scritte da te. Come sono nate?

Ho scritto molti brani e questi undici rappresentano il meglio di tutto quello che ho tirato fuori. La scelta di fare un disco del genere è stata una “non scelta”. Sono le canzoni che mi sono piaciute, che mi hanno emozionato di più, tra quelle che ho scritto. E sono diverse l’una dall’altra, perché in realtà ognuna ha una storia a sé. Non volevo fare un concept album, ma il miglior disco possibile, con un lavoro di produzione preciso su ogni singola canzone.

A volte sembra che tu metta su carta i pensieri, così come arrivano… e poi funzionano. Lo vivi come un dono?

Sento questa capacità come una cosa naturale. Non è un dono. Mi sembra qualcosa molto terra terra.

Ci sono temi ricorrenti nella tua scrittura. Il mare, la ricerca dell’equilibrio, la nostalgia. Che è quasi sempre legata alla felicità.

Il periodo in cui mi sono sentito pienamente felice è il primo della vita, l’infanzia. Che nel mio caso arriva fino ai 18 anni. Fino ad allora sono stato la persona più felice del mondo. Oggi lo sono quando trovo il vero amore. E, ora, l’ho trovato. Ho una persona accanto che tiene a me come non lo ha mai fatto nessuno prima. E il vero amore sono anche gli amici. Spesso so che potrò fare un determinato concerto perché so che lì ci saranno anche loro.

Nei tuoi brani ci sono sempre molte immagini, come se la musica fosse da guardare.

Mi reputo quasi un regista di genere. Nelle mie canzoni metto le immagini che mi accompagnano. Se mi dovessi paragonare a un regista cinematografico, direi Paolo Virzì. Le immagini raccontano le mie emozioni. Se torno dal mare, trovo talmente piacevole la sensazione della coda, tra Fregene e casa, che la faccio diventare musica.

L’album si chiama Love, è il tuo inno all’amore?

È una “Johnlennonata”. Lennon è uno dei miei punti di riferimento. Non solo lo adoravo, ma avevo sulle pareti della mia camera tutti i testi delle sue canzoni, che mia madre scriveva su un cartoncino nero. Non era fanatismo, lui è come una persona che è sempre stata con me. John credeva nell’amore, nel “love”, ma era anche molto arrabbiato. Io ho un atteggiamento molto più remissivo nei confronti della violenza. Credo nel dialogo. Credo che parlando si ottengano risultati, attraverso lo stare insieme. C’è un sacco di gente che ce l’ha con me, che mi minaccia. Io ascolto, vado avanti, e cerco di fare stare bene le persone che mi vogliono bene, attraverso la musica.