Condividi su

Sono passati 50 anni dal Festival di Woodstock e dalla performance che gli Who tennero il 17 agosto 1969, durante la quale Pete Townshend scagliò la sua chitarra…

[articolo integrale pubblicato su Vinyl n.10]

A rendere unica l’esibizione degli Who a Woodstock è, tanto per cominciare, l’orario dell’inizio: le cinque del mattino.
Molto più tardi rispetto all’orario previsto inizialmente dagli organizzatori.
Pete Townshend accompagna il pubblico della fattoria di Yasgur (o per lo meno la parte sveglia di quel pubblico) dalle ultime propaggini della notte di sabato fino alla sfolgorante alba della domenica.

La setlist degli Who a Woodstock è molto simile a quella adottata dalla band nel corso del tour promozionale di Tommy, la rock opera uscita proprio quell’anno, anche se più corta per motivi di organizzazione.
Mancano alcuni standard tipici delle loro esibizioni, come A Quick One While He’s Away e Magic Bus, per non parlare del medley che di solito dilata My Generation e che questa volta è molto più conciso.

Anche il materiale di Tommy, che costituisce l’elemento centrale dello show, subisce alcuni tagli: l’Overture, Cousin Kevin, Underture, Tommy, Can You Hear Me?, Miracle Cure, Sensation, Sally Simpson e Welcome vengono infatti escluse.
Nonostante tutto, l’esibizione degli Who è così potente da rianimare un pubblico letteralmente esausto per l’intera giornata di concerti che li aveva preceduti.

Heaven and Hell e I Can’t Explain aprono lo show a un ritmo devastante, ritmo che continua con i brani successivi, It’s A Boy, 1921, ma anche The Hawker e Acid Queen.
Poco dopo Pinball Wizard, perno centrale dell’esibizione degli Who, la band si prende una pausa, ed è qui che il palco diventa teatro di uno degli avvenimenti più eclatanti dell’intera notte: un attivista reazionario di nome Abbie Hoffman riesce a salire sul palco mentre il gruppo è impegnato ad accordare gli strumenti e, approfittando della distrazione generale, prende in mano il microfono.

Ciò che dirà risuonerà su tutta la platea attonita: «Penso che tutto questo sia proprio una stronzata, mentre qui cantiamo e balliamo John Sinclair sta marcendo in prigione».
Sinclair è un famoso leader dei White Panter, nonché manager della band hard rock MC5, rinchiuso in carcere nel 1969 per possesso di sostanze stupefacenti (Marijuana).

Townshend, però, non è il tipo da tollerare una simile invasione di campo. Con una rabbia inaudita, strappa il microfono dalle mani di Hoffman e lo insegue pestandolo con la chitarra fino a farlo cadere giù dallo stage.
Il tutto gridando: «Ma sparisci, scendi dal mio dannato palco!».
Non che Pete fosse contrario alla protesta di Hoffman, ma, come spiega poi lo stesso musicista, non avrebbe mai permesso a nessuno al mondo di infrangere la santità dello stage dove una band stava suonando.

Per rimarcare la propria posizione, al termine della canzone successiva, Do You Think It’s Alright?, Townshed ribadisce: «Il prossimo idiota che mette un piede sul palco lo ammazzo di persona».
Alle risposte esaltate del pubblico, aggiunge: «Ridete quanto vi pare, io non sto scherzando».

Questo episodio, passato alla storia come l’Hoffman Accident, può essere in parte riascoltato nella compilation degli Who Thirty Years Of Maximum R&B (uscita in un cofanetto da 4 Cd nel 1994).
L’esibizione riprende senza intoppi e si avvia verso la conclusione, passando per Go To The Mirror, Smash The Mirror e I’m Free.

Il momento più magico, però, è senza dubbio il lento sorgere dell’alba accompagnato dalle note di We’re Not Gonna Take It, con il famoso intermezzo See Me, Feel Me: proprio quando il giorno comincia, finisce la lunga epopea musicale di Tommy. Conforme alla classica scaletta delle esibizioni degli Who, il saluto al pubblico viene riservato ad alcuni dei loro brani più popolari di sempre, Shakin’ All Over, My Generation e Naked Eye.

I fan, però, sono troppo rapiti e al contempo imbambolati dopo la notte insonne per accettare la fine di quel sogno. Quando Pete Townshend alla fine distrugge la sua chitarra scagliandola al suolo, finalmente si rompe l’incantesimo degli Who: la gig è finita, di lì a poco sarebbero saliti sul palco i Jefferson Airplane.

[foto: Heinrich Klaffs – licenza: Creative Commons Attribution-Share Alike 2.0 Generic]