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Senza la presenza di un outsider misconosciuto come Steve Mackay (nella foto è quello più a destra) i brani di Fun House avrebbero avuto un sound completamente diverso.

L’ingresso di Steve nel gruppo è uno di quei classici casi di serendipità, caso e genio al tempo stesso. Nel 1970, poco prima di entrare in studio, Iggy vede esibirsi una band locale a Detroit, i Carnal Kitchen; con loro c’è un saxofonista amico di John Sinclair che suona cose davvero sperimentali, ma con chiare influenze jazz d’avanguardia. È  Steve Mackay. L’iguana lo nota e qualcosa si muove nella sua mente: forse quella potrebbe essere la soluzione per movimentare e rendere ancora più interessante il materiale degli Stooges.

L’incontro

Steve Mackay: “Iggy ci ha sentiti dal vivo […], era il nostro primo concerto. E poi un giorno viene da me e mi dice ‘Mercoledì sera proviamo. Vuoi venire e jammare un po’ con noi?’. Ero già stato fuori dalla casa degli Stooges in precedenza, così il mercoledì ho guidato fin là e lui [Iggy] aveva già in mente tutto Fun House e sapeva come voleva che suonasse”.

A questo punto i giochi sono fatti: Steve diventa uno Stooge. Dal vivo non compare sul palco se non per qualche pezzo e la sorpresa, per il pubblico, è sempre grande. È così che nasce un sound che unisce la violenza primordiale e abrasiva del protopunk a forme di jazz mutante: una cosa mai ascoltata prima.

La fine

La sua permanenza nel gruppo dura una manciata di mesi, prima di un abbandono rapido dettato dall’evoluzione sempre più tossica delle dinamiche della band.

Ora Mackay, dopo anni di anonimato e di musica suonata solo per passione (il suo profilo era talmente basso che la voce di un suo decesso era piuttosto accreditata negli anni Ottanta e nei primi Novanta) è nuovamente divenuto un membro dei riformati Stooges, oltre a collaborare a diversi progetti musicali extra. E’ mancato, purtroppo, nel 2015, per sepsi.

[Foto by mrmatt – licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 2.0 Generic]

Fun House, secondo album degli Stooges, compie 50 anni nel 2020. Uscì originariamente nell’estate del 1970 per Elektra e fu inciso a Los Angeles con Don Gallucci in veste di produttore.

Nel nulero di gennaio di Vinyl, in edicola il 15/01, troverete un lungo articolo di approfondimento sul disco.