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Cristicchi, cantante e autore, pubblica la raccolta Abbi cura di me e riparte in tour nei teatri, alla ricerca della felicità e di ciò che serve davvero

di Silvia Gianatti
intervista integrale pubblicata su Vinyl n.7 (marzo 2019)
foto: Lorenzo De Leonardis – licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo 4.0 Internazionale

È tra le voci più rappresentative della canzone d’autore e teatrale della musica italiana. Nato nel 1977 a Roma, è allievo di disegno di Jacovitti, ma al disegno preferisce ben presto la musica. Mancava da Sanremo da sei anni, l’ultima volta lo aveva vinto con Ti regalerò una rosa. Quest’anno ci è tornato con il brano Abbi cura di me con cui ha vinto il premio Sergio Endrigo come miglior interpretazione e il premio Giancarlo Bigazzi per la miglior composizione musicale.

Scritto con Nicola Brunialti e Gabriele Ortenzi, con la produzione artistica di Francesco Musacco ed esecutiva di Francesco Migliacci, il pezzo è inserito nel suo ultimo lavoro omonimo, che speriamo esca in vinile e che contiene i brani più importanti della carriera del cantautore romano, da anni impegnato anche in tour teatrali e dal 2017 direttore del Teatro Stabile d’Abruzzo.

Quando è nato il brano Abbi cura di me?
La canzone è nata per lo spettacolo teatrale Manuale di volo per uomo con cui sono ancora in tour, una sorta di manuale di istruzioni per volare. Avrebbe potuto chiamarsi così, è una sorta di vademecum e pone le grandi domande della nostra vita a cui dobbiamo cercare di dare un senso in un momento storico in cui siamo soffocati da migliaia di immagini e da milioni di parole. Pone al centro l’uomo e la sua fragilità. L’ho scritta insieme a un autore per ragazzi, Nicola Brunialti, ma principalmente c’è tutto il mio mondo dentro. Nasce dalla voglia di mettere in musica quelle poche cose che ho imparato, con grande umiltà. Di certo non mi sento un guru. Ho sbagliato tanto, ho anche sofferto tanto, ho preso molti schiaffi, ma a 42 anni ho pensato di poter dire la mia. Ho impiegato molto tempo per scriverla. Ogni singola parola è stata pensata, meditata, scelta con cura certosina.

Il bisogno di andare a ricercare cosa conta davvero da dove nasce?
Ho fatto un’esperienza bellissima. Sono stato una settimana in convento tra suore di clausura e lì si praticava il silenzio: incredibile per noi che viviamo nella mondanità dell’epoca moderna. Osservare la vita di queste persone che non hanno nulla e si devono barcamenare tutto il giorno per continuare a vivere, facendolo con una gioia infinita e pensando costantemente all’umanità, ha influito molto nella mia ricerca personale. E mi ha fatto capire che la vera felicità non è nell’accumulo, di soldi, impegni, cose e gloria. La felicità è nelle piccole cose.

Tu sei felice?
Ci sto lavorando. Osservo, guardo. Ma è bellissimo vedere che quando dici qualcosa in cui credi tanto, quel qualcosa arriva. C’è anche un documentario su questa ricerca. Il regista è Andrea Cocchi. Abbiamo fatto un centinaio di interviste, per ora, in giro per l’Italia ma anche a Parigi e Londra. Abbiamo materiale immenso tra le mani. Vorrei approfondire alcuni personaggi.

Cos’è per te la felicità?
È lasciare dei semi del nostro passaggio. Nei momenti di sconforto della nostra vita dovremmo pensare di esserci gettati alle spalle una manciata di semi. Anche se la nostra traccia su questo pianeta verrà dimenticata molto presto, anche quando, soprattutto noi artisti, pensiamo di essere immortali. Ho perso mio papà quando avevo 12 anni. Ho iniziato a disegnare in maniera compulsiva, costruendo un mondo parallelo di creatività e fantasia che poi mi ha salvato la vita. Ho trasformato il dolore in bellezza. La mia felicità è questa. È condividere con gli altri le mie ricerche. Sono felice quando arrivano al cuore di persone anche molto distanti da me.

Il nuovo disco è una raccolta, come mai non sei tornato con brani inediti?
Ho continuato a scrivere canzoni, ma per i miei spettacoli teatrali. I miei impegni artistici sono lì, riesco a fare 140 repliche l’anno. Però ho accumulato nel frattempo: tante cose che ho letto, incontri con uomini straordinari. Se oggi scrivo qualcosa c’è una profondità maggiore rispetto al passato. L’idea della raccolta è della casa discografica. Per raccontare la mia storia a chi mi sta scoprendo solo ora.

Sarebbe bello averlo anche in vinile. A proposito, che rapporto hai con i dischi?
Non sono un grande ascoltatore di vinili, ma ho una bella collezione a casa di mia madre. Mi hanno regalato un giradischi degli anni ’70. Mi ricorda quando ero bambino, grazie a mia mamma sono cresciuto con la puntina che girava in casa. Per me era quasi un gioco cercare le tracce muovendola sul disco. Mi fa piacere che stia tornando la passione per questo modo di ascoltare.

Ci sono dischi che ti ricordano l’infanzia?
Sicuramente il repertorio dei cantautori degli anni ’60. Luigi Tenco, Bruno Lauzi, Edoardo Vianello e Sergio Endrigo, che poi è diventato uno dei miei idoli incontrastati.