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[Continua dalla parte 2]

Alla corte di Jack Endino

Per Buzz Factory, che è l’ultimo album con la SST, tutti sono intenzionati a fare le cose più in grande. Ormai la band ha un certo nome ed è il caso di tentare uno scarto in avanti. L’idea del gruppo è di quelle pazze, sulla linea di ciò che fecero gli Husker Du con Zen Arcade, come racconta Gary Lee: “Volevamo fare un doppio album e andammo a Los Angeles a incidere con Donna al basso. In due settimane registrammo in un posto che si chiamava Spinhead, che poi ha chiuso. Ma dopo aver sentito e risentito i nastri decidemmo di chiedere alla SST di mandarci a riregistrare tutto in un altro posto… una faccenda che avrebbe fatto crescere il budget per l’album fino a 4.000 dollari, che era una somma bella grossa per gli standard della SST. In qualche modo Mark li convinse. […] Quello che abbiamo fatto allo Spinhead è andato perduto, anche se potrebbe esserci qualche nastro ancora in circolazione… quanto ne vorrei avere uno!”.

È così che gli Screaming Trees, nel mese di dicembre del 1988, vengono mandati a incidere al Reciprocal Recording di Seattle, lo studio a 16 piste di un vero e proprio guru della produzione underground: Jack Endino. Il suo curriculum, in quel momento, comprende la crema della scena grunge e alternative rock a stelle e strisce, avendo messo lo zampino in dischi di Skin Yard, Soundgarden, Green River, Mudhoney, TAD e Fluid. E scusate se è poco (in effetti è quasi poco, visto quello che negli anni a venire farà! Ma questa è ovviamente un’altra storia).

Per la band è un momento speciale, dicevamo… e, nonostante il rientro di Van nei ranghi, la tensione si fa sentire. Ecco come Endino ricorda quelle session: “Non avevo particolare familiarità col gruppo, non li avevo nemmeno mai incontrati prima che facessimo insieme Buzz Factory. Però mi ricordo molto bene quelle session. I due fratelli [Conner] continuavano a litigare e se le davano di santa ragione, rotolandosi sul pavimento dello studio. Ogni volta mi toccava correre a spostare i microfoni perché non li travolgessero, danneggiandoli. Però, a parte questo, le cose andarono lisce. Riuscimmo a finire in cinque o sei giorni, credo. […] Sono ancora convinto che Buzz Factory sia un grande disco; ‘ Subtle Poison’ è il mio brano preferito”.

Buzz Factory esce nel 1989 ed è un disco molto atteso da fan e critica. Certo gli Screaming Trees sono ancora una band di reietti che venerano i Gun Club, i Wipers, Ron Asheton, i Black Flag e gli eroi più sfasati del rock acido, ma iniziano ad avere una certa reputazione, tanto che partono per un tour europeo. Eppure, a livello economico, le cose non funzionano granché. Del resto è cosa universalmente nota che la SST non fosse esattamente limpida e cristallina nelle pratiche amministrative: pagamenti, royalty sulle vendite e dettagli simili non sono molto curati.

Van Conner: “Credevamo che la SST fosse fedele all’etica punk rock, non pensavamo che potesse fregarci. Invece lo fece e fu una delusione. E questi dovevano essere i discografici onesti? Ma vaffanculo. Grazie a Susan Silver firmammo con la Epic, ma non fu un contratto ricco. All’inizio la nostra vita rimase la stessa: giravamo il Paese a bordo di un furgone di merda”.

E così, con la parentesi di un EP per la blasonatissima (ma ancora indie) Sub Pop, inizia il viaggio degli Screaming Trees nel fantastico mondo della major e dell’esplosione del grunge che travolge il panorama musicale dei primi anni Novanta.