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Le canzoni e le storie del triangolo amoroso più celebre del rock. Gli anni di musica, passioni e dolori di Pattie Boyd, da Something a Layla.

di Federico Pucci
intervista integrale pubblicata su Vinyl n.7 (marzo 2019)

[Continua da Pattie Boyd: la magnifica preda – pt. 1 di 2]

Clapton sprofonda nell’eroina: si nota nel concerto per il Bangladesh del 1971 al quale, accantonate le rivalità, George lo invita. Nel botta e risposta chitarristico di While My Guitar Gently Weeps è però palpabile la complicità, il dialogo dell’aspra Telecaster del primo con la melliflua Byrdland dell’altro.
Qualche anno dopo, racconta Pattie, i due si sfideranno davvero in un duello di assolo, nell’atrio di Friar Park, probabilmente troppo carichi di brandy e cocaina.

Wonderful Tonight

Nel 1974 la signora Harrison getta la spugna e trasloca a Hurtwood Edge, la villa di Clapton, ormai ripulito dall’eroina: ma presto, come cantava B.B. King, l’eccitazione scompare per lasciare il posto ad alcolismo e depressione.
Eppure, le canzoni continuano a fluire, come la tenerissima Wonderful Tonight del 1977 (dall’album Slowhand), scritta mentre Eric aspettava che Pattie finisse di vestirsi per uscire: «Era il più intenso promemoria di quanto ci fosse di buono nella nostra relazione, e quando le cose cominciarono a peggiorare ascoltarla era una tortura».

Golden Ring

Un anno dopo, la dolce Golden Ring (da Backless) riassume lo strano intreccio a tre di quella relazione, una malinconica consolazione dopo il secondo matrimonio di George.
Intanto i problemi con la bottiglia si aggravano, e le conseguenze sono sempre più tossiche: il manager Roger Forrester avrebbe confessato a Pattie che perfino la proposta di matrimonio, celebrato il 27 marzo 1979 a Tucson, Arizona, prima dell’inizio di un tour, sarebbe nata da una stupida scommessa.
Due mesi dopo, il ricevimento a Hurtwood Edge è monumentale: il gotha del rock è riunito, anche George, Paul e Ringo, che suonano con Jeff Beck, Robert Plant ed Eric.

The Shape You’re In

Ma gli anni a venire sarebbero stati tutt’altro che una festa, «come cavalcare una stella cadente». The Shape You’re In (da Money and Cigarettes, 1983) testimonia quel disastro: un crudele blues che dipinge la donna “amata” come un’avvinazzata. Dopo tante serenate, Pattie ci si riconosce: ci vorrà l’ennesima infedeltà e la nascita di un figlio, per convincerla ad andarsene. «Il fatto di essere stata oggetto di tante canzoni meravigliose mi ha caricato di una pressione enorme: l’obbligo di essere la persona stupenda che devono aver pensato che fossi, ma che dentro di me sapevo di non essere. Avevo l’impressione di dover essere senza difetti, serena, comprensiva, una persona che non chiedeva niente e non aveva una sua voce. Non può essere realistico».

[foto: Kristine – licenza: CC BY-NC 2.0]