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Produttore e manager, Massimo Bonelli nel libro La musica attuale racconta il cambiamento della discografia e offre strumenti utili agli esordienti che oggi sognano di fare musica

[di Silvia Gianatti – articolo integrale pubblicato su Vinyl n.14 / continua dalla prima parte]

Da dove arriva l’esigenza di scrivere questo libro?
Avevo bisogno di comprendere meglio quali fossero le dinamiche che regolano questo mestiere. È cambiato tantissimo negli ultimi anni, stavo studiando per me. Mi domandavo perché alcune cose funzionassero e altre no. Traducendo articoli stranieri mi sono trovato di fronte a saggi e libri di cui nessuno aveva mai parlato in Italia. Ho iniziato a organizzare il materiale, rendendomi conto di poterne fare un libro.

Ti rivolgi agli emergenti. Che panorama si trovano di fronte oggi?
Un emergente oggi è fortunato rispetto a me, che ho fatto il musicista a cavallo delle due ere. L’era digitale rispetto a quella analogica è più favorevole per gli artisti. Ti dà tutti gli strumenti mentre prima c’era bisogno di intermediari per accedere al mercato. Oggi la rete rende tutto più democratico, ma anche difficile. L’artista deve saper gestire perfettamente la tecnologia, deve avere musica di qualità, deve essere riconoscibile, avere contenuti importanti. Ma ce la può fare davvero. A livello statistico infatti ci sono più progetti che hanno successo oggi rispetto all’era analogica.

Aumenta il numero di progetti. Ma durano?
Lo potremo valutare tra qualche anno. Però possiamo già dire che dal 2015 ci sono state tantissime canzoni lanciate in radio di artisti poi spariti. Non abbiamo ancora gli elementi per sapere se la musica digitale resterà, ma intanto c’è chi resiste.

Nel digitale gli album contano ancora qualcosa?
Io sono nato nell’epoca degli album e li adoro. Ma se parliamo in maniera tecnica e dal punto di vista statistico e utilitaristico, dove un musicista deve confrontarsi con la realtà, allora no, l’album non è un formato dell’era digitale. Appartiene all’era analogica, lo dicono i numeri. Per cui un artista deve puntare su quello che desidera il pubblico, senza però mai mediare sulla sua produzione. La furbizia non paga mai.

In quest’epoca digitale c’è ancora bisogno del supporto fisico?
Amo i vinili. Vengo da un’epoca in cui avevo il mangiadischi arancione: i dischi li metteva il nonno. In futuro ci sarà qualcos’altro: l’innovazione dello streaming è arrivata alla saturazione, è già stato espresso tutto quello che si poteva esprimere. Io immagino un ascolto speciale e a più dimensioni, con altri elementi. Bisognerà continuare a monetizzare dal fisico e ci si rivolgerà ai fan dell’artista. Si arriverà a una qualità audio incredibile che il vinile non potrà mai avere, vivendo magari esperienze ancora più complete per entrare nel mondo dell’artista.

E per il vinile che futuro ci può essere?
Il vinile resterà ancora per tanti anni, sarà da collezione. Come i francobolli, come i quadri speciali. Non credo ci potrà essere un mercato della musica che lo vedrà dominante ma le generazioni future lo apprezzeranno. Molti giovani oggi stampano in vinile perché il Cd ormai è obsoleto. I ventenni vanno sui vinili. I figli dei ventenni ascolteranno i vinili. Resterà.

[foto Vinyl]