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Leggi l’intervista integrale su Vinyl n.5

Matchstick Man è la traccia di chiusura dell’ultimo album in studio da solista di Mark Knopfler, Down the Road Wherever. L’omino stilizzato della canzone è proprio lui, il ragazzino che faceva l’autostop, con la chitarra in una mano e la valigia nell’altra, per tornare a casa dopo aver suonato a miglia di distanza.

«C’è una canzone, nel mio ultimo disco, che parla proprio di me: di un giovane stupidotto con una chitarra e una valigia, che cercava un passaggio in autostop per rientrare a casa dopo uno spettacolo della vigilia di Natale. Non penso che realmente avessi capito, allora, di essere a cinquecento miglia dalla mia abitazione. E tutto quello che poté capitarmi fu salire su un camion per essere lasciato da qualche parte nelle Midlands, credo vicino a Leicester. Con il sole che stava tramontando e la neve che scendeva. Per miglia e miglia intorno, anzi, vedevo solo neve: niente traffico, nessuno in giro, solo io, la mia borsa, la mia chitarra. Eppure stavo facendo esattamente ciò che volevo fare: sarò sembrato un idiota nella neve, però con un sogno, il sogno della musica. Ancora oggi se mi capita di avvistare due chitarre in un angolo scatta la stessa scintilla, credimi: come quand’ero ragazzino ho l’istinto del far musica, che poi è ciò che fa sì che il mio fuoco interiore resti sempre acceso».

LA MUSICA, IL SOGNO, I VALORI

Ad agosto Knopfler compirà 70 anni e, nonostante i 120 milioni di dischi venduti in tanti anni, è ancora lo stesso ragazzino innamorato della musica che cita nell’intervista.

Un artista puro, che dal debutto con i Dire Straits nel 1978 e anche dopo il loro scioglimento avvenuto nel 1992, non si è mai fermato.

Nel corso della sua carriera ha prodotto nomi come Bob Dylan e Randy Newman, e prestato la propria arte a Van Morrison, Steely Dan e Cliff Richard. Eppure la sua natura è rimasta intatta.

«Il fatto è che ricordo bene le difficoltà dei miei esordi e la povertà del mondo da cui vengo», sottolinea Knopfler. «E le tengo ben presenti, come promemoria e monito. Mi è capitato di trovarmi al telefono con uno dei miei figli e di chiedergli che cose stesse facendo. Lui mi ha risposto che stava caricando un furgone, e la faccenda, sai, mi suonava familiare… Ma del resto se non hai mai caricato un furgone, se non hai mai faticato davvero, non lo sai mica com’è fatta la vita, cosa ci sia dentro: e come faresti a scriverne? Io penso che per un songwriter ogni esperienza concreta sia decisiva, e che per me sia stata un’ottima cosa aver passato momenti duri ed essermi dovuto confrontare con il lavoro manuale, già da giovanissimo. Anche perché, credetemi, grazie a certe scale di valori poi il tempo l’ho sempre vissuto traendo il meglio da ogni cosa, divertendomi, imparando».

LA GEOGRAFIA DI MARK

Tutte le tracce di Down The Road Wherever hanno qualcosa di autobiografico, in linea con Matchstick Man.

«Volevo mettere nelle canzoni la mia geografia personale, come faccio da sempre: basta pensare a Southbound Again nel primo LP dei Dire Straits, che contiene l’eco di Newcastle Upon Tyne, la città dove con i miei ci trasferimmo quando avevo sette anni e dove sono cresciuto, o ricordare Tunnel of Love che parla di Spanish City, il centro commerciale e di svago che si trova a Whitley Bay poco a Nord di Newcastle. Ho sempre voluto mettere il mio mondo nella mia musica, anche per vedere se poteva far parte dell’espressione musicale allo stesso titolo dell’immaginario americano stile Route 66, che storicamente è il riferimento del pop rock. Ho iniziato molto presto a cantare una mia geografia, insomma, e non ho mai smesso di farlo…».

IL TOUR

Il tour 2019 di Mark Knopfler prevede anche delle tappe in Italia: Milano (10 maggio), Lucca (13 luglio), Stupinigi (17 luglio), Cattolica (18 luglio), Roma (20 e 21 luglio) e l’Arena di Verona (22 luglio).

E, pensando alla tournée, Knopfler si sbilancia: «È vero, potrebbe essere l’ultimo grande giro di concerti che faccio: più si invecchia più diventa duro, lo sforzo fisico di trasferire da te alla gente le canzoni sera dopo sera. Chi lo sa, però? In fondo non uso ancora il deambulatore… E di certo darò il meglio che posso. Credo che alcuni brani del disco, come Back on the Dance Floor, siano perfetti per divertirmi con la band, mentre altri, come Matchstick Man, penso che li proporrò voce e chitarra acustica; poi avendo arricchito il gruppo di fiati senz’altro proporrò Your Latest Trick, un pezzo dei Dire Straits datato 1985 che non pensavo avrei mai ripreso live: assieme ad altri brani del nuovo disco come Slow Learner, che poi non è che l’ennesimo frammento della mia autobiografia per canzoni».