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Articolo pubblicato su Vinyl n. 5

L’iconografia tipica della New Wave Of British Heavy Metal (NWOBHM), il fenomeno più travolgente della fine degli anni ’70 (insieme al punk), culmina nella copertina del disco British Steel dei Judas Priest, uscito nel 1980: una mano dal polso borchiato stringe tra le dita una lametta su sfondo nero con inciso il logo della band.

Il grido dell’aquila

Fino a Screaming for Vengeance, l’heavy metal è esattamente questo: un mondo oscuro e reietto partorito dall’amplesso di punk e hard rock, dominato da immagini di stampo dark e intriso di un individualismo adolescente, proletario, volgare e rissoso.

Su tutto questo, all’improvviso, piomba dall’alto l’aquila d’acciaio di Screaming for Vengeance, album uscito solo tre anni più tardi, il 17 luglio 1983: un cielo di un giallo intenso, su cui campeggia un sole rosso fuoco dall’aureola arancione, fa da sfondo a una bestia a metà tra il mitologico e il futuristico. Un’aquila di metallo lucida e armata di missili (la Guerra fredda e gli Anni di piombo sono al loro culmine), che solo a guardarla sembra di udirne il grido lacerante, fende l’aria trascinando con sé il logo dei Judas e il titolo dell’album.

Il messaggio è chiaro: dal mondo brulicante di disagio e rivolta del primo heavy metal è nata una nuova volontà, anzi un delirio di potenza, una forza distruttrice tanto devastante quanto dannatamente gioiosa che da quel momento in poi ridefinirà completamente il concetto stesso di heavy metal.

Il tocco di Doug Johnson

Screaming for Vengeance è il primo disco dei Judas Priest alla cui copertina ha lavorato l’artista canadese Doug Johnson, ingaggiato dalla band proprio perché il precedente illustratore polacco, Roslaw Szaybo, con il suo repertorio di lamette, teschi e borchie, non soddisfaceva più il bisogno di velocità e forza che cominciava a dominare la loro musica.

Quel bisogno che, invece, la mano di Johnson soddisfa pienamente, forgiando dall’acciaio fuso Hellion (questo il nome dell’aquila, come anche il titolo del potentissimo riff che fa da intro al disco), che non è soltanto l’incarnazione grafica del nuovo carattere del metal, ma anche una complessa espressione artistica: nella sua figura si amalgamano infatti elementi tratti dalla pop art più audace, come le tinte lucide e taglienti, dall’art déco e dal futurismo di inizio secolo, come le righe che simulano l’aria tagliata dalle ali del mostro, oltre a tutta l’immortale potenza immediata e semplice dell’arte naïf, che si contrappone alle allegorie complicate dei primi album, l’angelo di Sad Wings of Destiny in primis.

Hellion is here

La genesi della copertina è semplice e diretta, come racconta il chitarrista e cofondatore della band K.K. Downing: «Abbiamo dato a Johnson il titolo del disco e in un attimo ha tirato fuori questa idea. Ci ha lasciati di stucco, era perfetta: arrivava dritta al nocciolo di quello che volevamo esprimere e ci arrivava velocissima!».

Il retro della copertina presenta, a destra, la tracklist e, in basso, due righe di testo (due di due) che annunciano l’arrivo di Hellion: «From an unknown land and through distant skies came a winged warrior. Nothing remained sacred, no one was safe from the Hellion as it uttered its battle cry… Screaming for Vengeance». Ovvero: «Da una landa lontana attraverso cieli irraggiungibili giunse un guerriero alato. Nulla è rimasto sacro, nessuno può dirsi al sicuro dall’Hellion quando ha lanciato il suo grido di battaglia… Screaming for Vengeance».