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La parola a Federico Fiumani, leader dei Diaframma, nonché scrittore, poeta e grande amante del vinile

[articolo integrale pubblicato su Vinyl n.14 / continua dalla parte 1]

Cosa pensi del mercato del collezionismo? Ti piace l’idea di possedere dischi “rari” o ti interessa solo l’aspetto musicale, quindi il supporto o la rarità sono ininfluenti?
Se il gruppo mi interessa molto, mi piace avere anche delle rarità. Per esempio amo da sempre i Television e credo di avere, se non tutto, moltissimo di loro. Il mercato del collezionismo mi interessa, vado anche alle varie Fiere del disco. È divertente. In più leggo da sempre quasi tutte le riviste musicali italiane ed estere, per cui è facile imbattersi in rubriche di collezionismo di vinile.

Ancora sul collezionismo: ho visto in questi giorni su Discogs un test pressing di Altrove, il 12” su Contempo del 1983, prezzato a mille euro tondi da un venditore. Nella descrizione si legge anche: “handwritten labels by Federico Fiumani”… a ogni modo: cosa pensi di una faccenda simile? Ti è indifferente che un tuo disco sia venduto a quel prezzo o ti suscita qualche reazione?
Mi inorgoglisce! Sai che Lennon era uno dei più grandi collezionisti di bootleg dei Beatles? Era in contatto con collezionisti di tutto il mondo. Anni fa uscirono in Unione Sovietica dei 45 giri nostri, incisi su vecchie lastre per fare radiografie, roba tipo flexi disc. Mi piacerebbe molto averle!

Una curiosità: un tuo disco che pare essere decisamente raro e/o ricercato è il 7” con Paolo Boccia Corri ragazzo, del 1989. Mi racconti la storia di quel singolo? A quanto leggo era una sorta di omaggio per gli amici da regalare come strenna natalizia…
La storia è questa: negli anni Settanta ero fidanzato con una certa Stefania, che aveva un fratello più piccolo, appunto Paolo Boccia. Poi con Stefania ci lasciammo e qualche anno dopo seppi che Paolo aveva avuto un terribile incidente con la moto e che a causa di quella disavventura era diventato completamente cieco! Mi riavvicinai quindi a Paolo, e gli chiesi se avessi potuto fare qualcosa per lui… lui mi disse che avrebbe voluto cantare un suo testo dove parlava, appunto, dell’incidente e così facemmo Corri ragazzo. Era un one sided single in vinile, tiratura 500 copie da regalare ai suoi amici. Frequento ancora Paolo, che è diventato un manager musicale di cover band, oltre che un eccellente fisioterapista.

Hai iniziato molto tempo fa e sei ancora – e sempre – sulla proverbiale “cresta dell’onda”: incidi, scrivi, suoni live. Cosa è cambiato, inevitabilmente, dentro di te e nella percezione che hai del fare musica, in questi anni?
È cambiato praticamente tutto, tranne forse il mio spirito indomito e autarchico. Prima, negli anni Ottanta, c’era molta più gloria e zero soldi, adesso meno gloria, ma almeno guadagno sufficientemente per potere vivere dignitosamente. E non è poco, guadagnare divertendosi. Poi, prima, avevo la stessa età dei miei fan, c’era la sensazione di essere all’avanguardia: noi eravamo “il nuovo”. Adesso invece incontro i gusti di quattro generazioni. Negli ultimi anni ho avuto varie donne che mi hanno conosciuto perché i loro genitori erano miei fan.

Porti avanti, parallelamente, due filoni nel tuo fare musica: Federico Fiumani solista e Diaframma. Come mai senti questa necessità, di tenere in qualche modo separate le due cose? In fondo – perdona il “taglio con l’accetta” – ormai Fiumani e Diaframma sono per molti quasi sinonimi… tu cosa ne pensi?
Ma infatti è così: i Diaframma sono io. In realtà io porto avanti solo questa sigla, a parte un disco solista che si chiama Donne mie, che è del 2007. Mi chiamo col mio nome solo per i concerti che faccio da solo o in duo in acustico nei piccoli club dove, per ragioni economiche e logistiche, non mi sarebbe possibile esibirmi con la band al completo.

Il tuo ultimo lavoro in ordine di tempo è l’album griffato Diaframma L’abisso del 2018. Stai lavorando a qualcosa di nuovo – un album intero o altro? E, se sì, sarà un progetto di Fiumani o dei Diaframma?
No, non sto lavorando a niente per adesso, a parte fare concerti. Mi piacerebbe, ovviamente, fare un album nuovo prima o poi, ma con gli anni la voglia si affievolisce. Forse anche perché fare un disco che poi comprano in pochi e duplicano illegalmente in tanti, non è che sia il massimo, come incoraggiamento. Inoltre, se rinvii i progetti ti sembra di allungare anche il tempo – cosa non disprezzabile, a quasi 60 anni di età. E poi ho la sensazione di avere detto tutto, ormai. Spero comunque di venire smentito.

Sei molto attivo sui social – Facebook in particolare – e non ti risparmi nel comunicare opinioni, idee e il tuo punto di vista sulla musica, ma non solo. Come vivi il rapporto coi social? Ti piacciono, sono un male necessario…
Tutte e due le cose: mi piacciono e sono un male, come le sigarette! Nel mio caso Facebook mi serve, perché non avendo manager, uffici stampa, agenzia di booking, e dovendo quindi fare tutto da solo, uso Facebook per fissare concerti e per far sapere che esisto!