Condividi su

La parola a Federico Fiumani, leader dei Diaframma, nonché scrittore, poeta e grande amante del vinile

[articolo integrale pubblicato su Vinyl n.14]

La scuola fiorentina della new wave italiana sostanzialmente – perdonino il taglio con l’accetta i puristi più meticolosi – ha avuto due teste di ponte e testimonial fondamentali: i Litfiba di Pelù/Renzulli e i Diaframma di Fiumani. I primi hanno poi, sul finire degli anni Ottanta, optato per una svolta più mainstream e rockettara, mentre Federico ha preferito continuare a battere una strada personale, autoriale e all’insegna del rifiuto dei compromessi.

Dal 1980 (anno di formazione dei Diaframma) a oggi Fiumani ha inciso e pubblicato tanti dischi in tutti i formati, anche da solista. L’ultimo in ordine di tempo è L’abisso, uscito nel 2018, che ha raccolto molto favore di critica e pubblico. Abbiamo fatto quindi una chiacchierata col diretto interessato per fare il punto della situazione e parlare anche del nostro amato vinile…

Siamo su Vinyl per cui se ti va, per rompere il ghiaccio, parliamo un po’ proprio di vinile e dischi. Hai una collezione di album o l’hai avuta? Immagino di sì, come tutti i ragazzi che hanno iniziato ad appassionarsi alla musica negli anni Settanta-Ottanta…
Sì, certo che l’ho avuta, e in parte ce l’ho ancora. Alla fine degli anni Ottanta potevo vantare numeri considerevoli, diciamo almeno 3.000 LP. Poi con gli anni ho cominciato a venderli, all’inizio i pezzi pregiati agli amici e poi anche moltissimi altri, a un negozio che si chiama Contempo. Qualche altro centinaio li ho buttati via, i più schifosi, ammassandoli accanto al cassonetto… e dopo un’ora erano già spariti. Adesso ne avrò circa 700.

Cosa pensi del vinile come supporto, nel 2020? Ti piace ancora o lo trovi magari superato oppure inutilmente nostalgico?
Penso che sia un bene prezioso, e molte ristampe le ho comprate. Mi piacciono un doppio dei Big Star, per esempio, o la riedizione di Smile dei Beach Boys che aveva la copertina (raffigurante la vetrina di un negozio) in 3D. Purtroppo non l’ho comprata, perché troppo cara. Credo che sia senza dubbio superato, come supporto, ma che (soprattutto) per i nostalgici sia piacevole ricomprarsi i vecchi dischi per l’ennesima volta… è come riprovare per incanto le stesse emozioni del tempo che fu. Bobo Rondelli le definirebbe “emozioni da prima sega”.

Qual è il tuo modo preferito per ascoltare musica? Su che supporti e in che situazione? Per esempio in casa con tutta la calma possibile, in giro a passeggio, sul treno, mentre scrivi…
Io vivo la musica in modo sacrale, se ascolto musica non voglio fare altro. Per cui la ascolto a casa, al mio stereo, e seduto. Poi mi piace anche ascoltarla in furgone quando siamo in tour coi Diaframma. Fino ai 30 anni ero un ascoltatore compulsivo, adesso molto meno. Preferisco leggere un buon libro, anche perché ormai la musica che amavo l’ho ascoltata tutta tantissime volte e il mio hard disk mentale è pieno.

C’è un tuo disco (solista o coi Diaframma) che non possiedi più e vorresti riavere? Se sì, quale?
Un 45 giri accluso alla fanzine Free, roba dei primi anni Ottanta. La canzone si chiamava Circuito chiuso. Lo vendetti a un amico perché avevo bisogno di pecunia. Ecco, quello mi piacerebbe riaverlo.

[continua con la parte 2]