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Appassionato di vinili da sempre, Giuseppe Peveri, in arte Dente, torna con un disco omonimo che segna il cambiamento di un artista che ha scelto di ripartire da qualcosa di diverso, senza perdere la sua identità.

[di Silvia Gianatti – articolo integrale pubblicato su Vinyl n.14]

Il suo ultimo lavoro era stato Canzoni per metà, un album forse difficile per il grande pubblico ma prezioso per chi segue l’artista fidentino da dieci anni.
Questa volta Dente ha deciso di ripartire da 11 canzoni che suonano in modo diverso e trovano riscontro anche in radio. Cambia il suo modo di comporre, lascia la chitarra e sceglie il pianoforte, scoprendo un nuovo modo di far uscire le parole, senza perdere però quella capacità di raccontare la sua realtà, con lo sguardo rivolto a una società in cui spesso si è sentito fermo. Oggi ha 44 anni e un’unica certezza in questi giorni ancora incerti: la musica è l’unica cosa che conta. Anche in vinile.

Questo disco segna un cambiamento. Da dove arriva?
Quando ho pubblicato Canzoni per metà sapevo che avrebbe potuto essere un po’ indigesto per alcuni ascoltatori. Dopo un’indigestione è importante mangiare qualcosa di diverso. E io per primo avevo bisogno di novità. Sono cambiato come persona. Ho scelto quindi di collaborare con musicisti che hanno saputo dare una loro visione, da solo mi sarei accartocciato su me stesso. Ne è uscito un album contemporaneo, dove la mia personalità rimane immutata.

Che cosa intendi per “contemporaneo”?
Ha il suono di un disco suonato, nel 2020. Mezzi tecnici moderni, con mentalità e modus operandi diversi da tutto quello che avevo fatto prima. Ho sempre amato le produzioni del passato, ho sempre cercato di fare i miei dischi “alla vecchia”. Devo ringraziare Federico Laini, che è anche un mio amico: ha vestito queste canzoni come io non sarei mai riuscito a fare.

Dalla chitarra sei passato al pianoforte.
Mi sono imposto di iniziare a suonarlo nel tour che ho fatto in teatro con Guido Catalano. La parte musicale era in mano mia, non volevo usare solo la chitarra. Ci ho dedicato tempo, ho iniziato a scrivere al piano. Mi sono accorto subito che le canzoni uscivano in modo diverso. Ho provato soddisfazione.

In questo momento musicale dove ti senti?
Non ho ancora capito dove sono. Non mi sento a casa. Quando è uscito Canzoni per metà tutti stavano andando da un’altra parte. Poi è successo che la musica che ritenevamo più bella è diventata finalmente famosa. Aspettavo questo momento da molto tempo. Solo che si è avverato anche il mio peggior incubo: la musica indie è diventata un genere. Io però non so se posso essere definito indie.

[continua con la seconda parte]