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All’arrivo degli anni ’80 David Bowie è già un veterano. Il fragile e misterioso Ziggy Stardust si è tramutato in un genio, in un profeta assoluto del trasformismo rock. Generatore e anticipatore di musiche che altri sentiranno solo molto dopo. Eppure qualcosa gli sfugge. Ancora per poco

di John Earls – Stefano Solventi
cover story integrale pubblicata su Vinyl n.7 (marzo 2019)

[Continua da David Bowie, let’s dance – pt. 2]

Anche se la cosa può dispiacere a molti appassionati di David Bowie, è proprio Let’s Dance a trasformarlo in una superstar mondiale. Si tratta, infatti, di un album di musica dance realizzato proprio nel momento in cui il pubblico della disco sta voltando le spalle al genere, attratto dal più sofisticato sound New Romantic. Un sound che proprio Bowie, con Scary Monsters (and Super Creeps) del 1980, aveva appena cavalcato.

Bowie per il nuovo disco ingaggia come coproduttore niente meno che Nile Rodgers, mente e chitarra degli Chic. Una scelta fuori tempo massimo, considerando che nel 1982 Rodgers sembra ormai appartenere a un mondo morto e sepolto.

Pur di averlo con sé, però, Bowie paga di tasca propria. Con Let’s Dance è determinato a conquistarsi un posto al sole nella musica mainstream. Contrariamente al solito, non si limita a concepire le idee da sviluppare in studio, le otto canzoni che costituiranno l’album, ma vuole trovare una hit.

All’inizio, però, Rodgers fatica a capire che cosa Bowie ha in mente: «David mi aveva detto: “Voglio un album di successo e voglio che sia tu a farlo”. In sostanza, voleva che reinterpretassi alcune canzoni che aveva già pubblicato, come China Girl e Cat People. Andava benissimo, ma ricordo che quando scrisse Let’s Dance era eccitatissimo e continuava a ripetere: “Questa canzone è grande!”. Io non capivo, voleva un album da classifica, però Let’s Dance sembrava una canzone folk-rock».

Rodgers e la band di musicisti che ha assemblato si ritrovano in Svizzera, dove Bowie vive, e si concentrano proprio sulla title track: «L’abbiamo suonata una prima volta, ed è la versione che poi è stata incisa sul disco.

David all’inizio non era sicuro, finché alla fine si è convinto: “Hai ragione”, mi ha detto, “sarà una hit!”». Mai profezia fu più azzeccata, l’album è di gran lunga quello di maggior successo della sua discografia, anche se per lo zoccolo duro dei suoi fan rimarrà un disco poco amato.

«Vendemmo 11 milioni di copie!», continua Rodgers, «David non aveva mai raggiunto un pubblico così ampio».

[Vai alla parte 4]