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Il produttore e compositore più apprezzato del momento pubblica il terzo capitolo di una trilogia iniziata nel 2016. S.A.D. Storm And Drugs è il suo modo di sentire la musica. Il suo viaggio personale.

[di Silvia Gianatti – articolo integrale pubblicato su Vinyl n.13]

Tempeste di emozioni e suoni, le mani sul pianoforte, campionamenti, elettronica e sinfonia. Dardust, alter ego di Dario Faini, classe ’76, è pianista, compositore, produttore. Si lascia ispirare dalla corrente tedesca dello Sturm und Drang per comporre brani creativi che aprono scenari immaginifici all’ascolto.
Ultimo capitolo di una trilogia iniziata tra i movimenti musicali di Berlino (e David Bowie), passata a Reykjavìk (e i Sigur Rós) e terminata a Edimburgo, S.A.D. Storm and Drugs sottolinea la doppia anima dell’artista con estrema sincerità.

L’intervista

Chi è Dardust?
Dardust è la mia creatività. È nata con David Bowie e i Chemical Brothers, che all’inizio si chiamavano Dust Brothers. So che non è un nome semplice ma sono sempre stato affascinato dalle stelle.

Quando hai iniziato a studiare musica?
Parto dallo studio classico a nove anni. Per otto ho studiato ma il conservatorio mi stava stretto, avevo paura rovinasse la purezza e l’ingenuità creativa che volevo esplorare nell’ambito pop ed elettronico. Ho iniziato a sperimentare da solo. E a scrivere canzoni. Mi sono laureato in psicologia, era il mio piano B. E non è da sottovalutare perché mi ha aiutato anche a capire quale fosse la mia identità. Quando ho iniziato a scrivere canzoni mi sono abituato a stare dietro le quinte. Per me era difficile espormi. Più scrivevo canzoni per altri, più funzionavano, più pensavo fosse la mia identità.

Non ti bastava essere un autore di successo?
Il palco è sempre stato il mio fine ultimo, per sentire quello scambio di energia.

A chi ti rivolgi?
Ai miei concerti ci sono i ragazzini dell’indie che mi hanno conosciuto nel pop e ci sono gli adulti. Il pubblico è trasversale e questo mi piace. Certo è un pubblico che è abituato a fruire musica in modo più intenso. Viene ad ascoltare, a vivere un’esperienza.

Il disco chiude una trilogia, come produttore sei tra i numeri uno in Italia, come autore anche. Che cosa ti manca?
Ho bisogno di scoprire qualcosa di nuovo. Mi serve scoprire. Spero che Dardust inizi a essere un progetto solido. In Italia le vendite ci sono state ed era difficile. Spero di andare all’estero.

Dove trovi l’ispirazione?
Da Pitchfork, dalle playlist di Spotify, dai viaggi.

[continua con la seconda parte]