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A 75 anni dalla nascita e 40 dopo il concerto di San Siro, ripercorriamo la storia e la musica di Bob Marley, la leggenda del reggae

[di Giampiero Di Carlo e Davide Poliani – articolo integrale pubblicato su Vinyl n.14 / continua dalla seconda parte]

Uprising: l’album e il tour

Il Re del Reggae porta il suo Uprising Tour a San Siro. Il tour comincia a Zurigo il 30 maggio 1980, una decina di giorni prima dell’uscita ufficiale del disco (10 giugno 1980) e, dopo Milano e Torino rispettivamente il 27 e il 28 giugno, si concluderà il 23 settembre a Pittsburgh, in Pennsylvania.

Pochi giorni prima dell’esibizione conclusiva di Pittsburgh, di passaggio a New York per due concerti al Madison Square Garden, Marley crolla a terra a Central Park mentre fa jogging. Terminato il tour riceve dai medici una sentenza di morte quasi immediata: un mese di vita, un cancro in stato avanzato. Volato in Germania per sottoporsi ad altre cure specifiche, riesce solo a prorogare la fine di qualche mese. Bob Marley si spegnerà l’11 maggio 1981 a Miami.

Ogni concerto dell’Uprising Tour comincia con un tema introduttivo inedito. Il tastierista Tyrone Downie, improvvisandosi MC (Master of Ceremonies), grida “Marley, Marley!” sopra questo groove per accogliere sulla scena il suo frontman. Si tratta di “Stalag 17”, un brano scritto da Ansel Collins e poi registrato nel 1973 da Winston Riley. Diventato celeberrimo, sarà ribattezzato alternativamente “Stalag Rhythm” o “Marley Chant”.

Uprising viene registrato tra il gennaio e l’aprile del 1980 ed esce il 10 giugno: sarà l’ultimo album in studio di Marley e, oltre che un successo clamoroso in Europa (e in Italia in particolare grazie al singolo “Could You Be Loved”), anche il suo testamento religioso. Fervido credente Rastafari, Marley sublima la sua devozione in quel capolavoro che è la “Redemption Song”.

[foto Bob Marley Buffalo Soldier official video]