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A 75 anni dalla nascita e 40 dopo il concerto di San Siro, ripercorriamo la storia e la musica di Bob Marley, la leggenda del reggae

[di Giampiero Di Carlo e Davide Poliani – articolo integrale pubblicato su Vinyl n.14 / continua dalla prima parte]

Un guru più che una star

La grandezza di Bob Marley? Quasi da solo esporta il reggae dalla Giamaica, diffondendone il ritmo e la filosofia in ogni angolo del pianeta, diventando una celebrità su scala globale e pescando a piene mani da temi e suggestioni allo stesso tempo religiose e rivoluzionarie: le sue canzoni sono inni di liberazione per gli oppressi di un’isola in perenne sofferenza e povertà.

Robert Nesta Marley a quattordici anni emigra dalla natia St. Ann’s Parish alla capitale Kingston per lavorare nella musica. Figlio di una diciottenne nera e del bianco di mezza età Norval Sinclair Marley, il giovane Bob pone presto le fondamenta della band della sua vita quando, insieme a Peter Tosh e a Bunny Livingston tra gli altri, fonda i Teenagers, prima di ribattezzarli Wailing Rudeboys e, infine, semplicemente Wailers.

A diciassette anni incide il suo primo singolo, “Judge Not!”, con b-side “Do You Still Love Me?”. Sotto la guida di Coxsone Dodd, leggendario produttore locale, il gruppo debutta poi con “Simmer Down” nel ‘64, che scala le classifiche locali fino al vertice.

Dopo due anni e una pletora di singoli la band non esiste più: Marley sposa la cantante delle Soulettes, Rita Anderson, ed emigra negli Stati Uniti per lavorare alla catena di montaggio in una fabbrica del Delaware.
I Wailers tornano insieme come quartetto nel 1968. Ma la vita di Livingston, Tosh, Marley e di sua moglie Rita cambia per sempre quando firmano per la Island Records di Chris Blackwell.

Nell’aprile del 1973 Catch A Fire, sulla cui copertina campeggia il primo piano di un giovane Bob con dreadlock in embrione mentre aspira da un gigantesco spliff, fa decollare la loro fama internazionale: Eric Clapton li nota e nel 1974 porta al successo la mitica “I Shot The Sheriff”, tratta da Burnin’, il successore di Catch A Fire uscito a tempo di record nell’ottobre del ‘73.

Quando Tosh e Livingston lasciano nuovamente il gruppo (con contestuale ingresso nella formazione delle I-Threes capitanate dalla ormai signora Rita Marley), i Wailers spiccano definitivamente il volo con Natty Dread (1974), che include una canzone che rimarrà scolpita nella storia del reggae: “No Woman, No Cry” li traina nella top ten britannica e porta Marley a esibirsi al Lyceum di Londra.
Con il successivo Rastaman Vibration, due anni dopo, Marley esordirà anche nella top ten americana…

Il Re dei rasta

È un’escalation. Bob Marley diventa un gigante della scena pop-rock internazionale, mentre in patria, avendo fatto conoscere al mondo la Giamaica e la sua musica, diventa una sorta di profeta.
Centrale nella sua vita e nella sua narrazione è il culto Rastafari, movimento sociale-religioso sorto in Giamaica negli anni ‘30: i Rasta credono in Jah (Dio), incarnato in ciascun individuo, e idolatrano Hailé Selassié, l’imperatore dell’Etiopia morto nel 1974, come il Cristo tornato sulla terra e il diretto discendente del Re Salomone e della Regina di Saba.

Marley diventa un paladino dei deboli e un rivoluzionario anche cantando di Sion, la terra promessa, e di Babilonia, simbolo dell’oppressore occidentale.
Il Re del Reggae ormai è un personaggio talmente influente da essere ritenuto pericoloso dai poteri forti locali. Sfuggito al tentativo di omicidio del dicembre 1976, abbandona l’isola per un anno. Torna con Exodus, album in cui la religione Rasta e il tema della diaspora vengono riletti alla luce della situazione sociale contemporanea. È un altro balzo verso l’alto.

“Jammin’”, il singolo principale, spopola ed è eguagliato un anno dopo da “Is This Love?” tratto da Kaya e due anni dopo da “Africa Unite”, tratto da Survival.
È ormai il 1979. Per Bob Marley si annuncia l’anno d’oro della sua carriera: sono in cantiere l’uscita di Uprising e, a seguire, un tour mondiale che lo renderà una leggenda. E che, purtroppo, sarà anche l’atto finale.

[continua con la terza parte / foto Bob Marley Is This Love official video]