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I Beatles hanno composto e suonato le canzoni, George Martin le ha prodotte. Ma c’è un gruppo di “unsung heroes”, di eroi poco celebrati, che hanno reso possibile, con il proprio lavoro, che il loro operato approdasse su vinile. Sono i fonici di studio, quelli che hanno spinto i bottoni e manovrato i cursori dei mixer, e in molti casi contribuito in maniera creativamente determinante al risultato finale. I loro nomi sono poco noti, o semisconosciuti, ma meritano di essere ricordati. Cominciando da quello di Norman Smith, fonico degli studi della EMI dal 1959.

[di Franco Zanetti – articolo integrale pubblicato su Vinyl n.9 – foto: United Press International, photographer unknown – licenza: public domain]

Norman Smith

«Ho cominciato come fattorino e ragazzo del tè, ma tenevo occhi e orecchie ben aperti, imparavo in fretta, e non passò molto tempo prima che fossi promosso ad assistente fonico. All’epoca ogni potenziale nuovo artista doveva affrontare un test di registrazione, e io ero al banco del mixer il giorno in cui arrivò quel gruppo con le buffe capigliature».
Era mercoledì 6 giugno 1962, nello Studio 2 della EMI in Abbey Road.
«La prima impressione non fu granché; avevano dei piccoli amplificatori, inutilizzabili per la registrazione, e toccò a me cercare fra le apparecchiature dello studio qualcosa che fosse adatto allo scopo».

È Ron Richards – poi accreditato come coproduttore di Love Me Do e produttore di P.S. I love You – a iniziare la session, affiancato da Norman Smith nel ruolo di balance engineer, cioè fonico e assistente di produzione.
George Martin passa a dare un’occhiata, poi scende in mensa per il tè.

Si comincia con Besame Mucho, tre o quattro take, poi il gruppo attacca Love Me Do. è a questo punto che Norman Smith dice a Chris Neal, che funge da aiutante di studio (tape operator), di scendere in mensa a chiamare Martin: «Sentiamo che ne pensa».
Martin sale e presenzia al resto della seduta, che prosegue con P.S. I Love You e Ask Me Why.
Quindi chissà: se Norman non fosse stato incuriosito, forse Martin si sarebbe limitato ad ascoltare il provino, e non si sarebbe reso conto – come ha dichiarato più volte – che nei quattro ragazzotti di Liverpool c’era qualcosa di più, oltre alle (allora scarse) capacità tecniche e vocali.

Norman Smith sarà il fonico dei primi sei album (e di tutti i singoli coevi) dei Beatles, cioè fino a Rubber Soul compreso; la sua ultima registrazione è quella di Girl, avvenuta l’11 novembre 1965.
Fino a quel punto, i Beatles in studio sostanzialmente suonano le canzoni che hanno composto e il compito del fonico è ottenere la migliore registrazione possibile.

«Gli altri fonici, prima di me, usavano dei pannelli acustici per ottenere la separazione fra i vari strumenti, in maniera da evitare il rientro dei suoni nei microfoni. Fui io, con i Beatles, a eliminare gli schermi; volevo sistemarli in studio così com’erano dal vivo, perché in questo modo si sarebbero sentiti più a loro agio. La separazione dei suoni ne risentiva un po’, c’era un po’ di rientro nei microfoni, ma penso che questo abbia contribuito a caratterizzare il cosiddetto Mersey Sound».

Norman Smith, che John Lennon ha soprannominato “Normal”, per poco non riesce anche ad avere una sua canzone in un album del gruppo.
Il 16 giugno, quando manca ancora qualche brano per riempire la seconda facciata di Help! e i Beatles sono un po’ a corto di materiale, Smith propone loro una sua composizione, da far cantare a John: l’offerta è accettata.
Così Norman Smith: «Paul e John però mi presero da parte in studio, il 17 giugno, e mi dissero: “Senti, la tua canzone ci piace proprio, ma ci siamo resi conto che Ringo non canta nessuna canzone sull’album, e deve averne una. La tua la faremo un’altra volta, eh?”. Ma ora dell’album successivo erano progrediti a tal punto che la mia canzone non fu più presa in considerazione».

A Smith si devono la brillante intuizione di iniziare Eight Days A Week con un’assolvenza, e anche una prestazione come batterista in Can’t Buy Me Love.
Al momento del mixaggio di Can’t Buy Me Love ci si rende infatti conto di un problema: forse perché è stato riavvolto male, il nastro presenta un’ondulazione, che causa una perdita intermittente di frequenze acute al charleston suonato da Ringo. Il mixaggio deve però essere spedito alla produzione e i Beatles sono impegnati altrove.
Così George Martin e Norman Smith si assumono la responsabilità di un piccolo aggiustamento artistico.
Norman, capace batterista, va in studio, prepara un charleston e lo suona su alcune battute del pezzo, sovraincidendolo ed eliminando il difetto della registrazione originaria.

Alla fine del 1966 Smith ottiene finalmente la sospirata promozione da fonico a produttore, e all’inizio del 1967 inizia a lavorare con un nuovo gruppo della EMI, di nome Pink Floyd.
Èil loro produttore fino a Atom Heart Mother, poi produttore esecutivo di Meddle, prima che la loro collaborazione cessi.

Nel 1971 Smith lascia la EMI diventando artista in prima persona: quell’anno la sua esecuzione di Don’t Let It Die, la canzone che i Beatles per poco non avevano incluso in Help!, va al numero 2 delle classifiche britanniche, lanciando la breve ma luminosa carriera di “Hurricane” Smith, che otterrà un successo internazionale nel 1973 con Oh Babe What Would You Say?.

Norman Smith è morto il 3 marzo 2008; il suo libro di memorie, John Lennon Called Me Normal, uscito nel 2007, è attualmente fuori catalogo.

[continua con la seconda parte]

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