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La band più famosa dell’universo si scioglie nel 1969, non prima di averci regalato un ultimo capolavoro. Un presagio delle cose a venire.

[di Franco Zanetti – articolo integrale pubblicato su Vinyl n.9]

Londra, giovedì 2 gennaio 1969. In uno dei grandi e cavernosi ambienti del complesso degli studi cinematografici di Twickenham, nei dintorni di Londra, John Lennon suona un frammento strumentale di quella che diventerà Don’t Let Me Down.
Inizia qui la vicenda delle famigerate “Get Back session”, che occuperanno i Beatles per tutto il mese di gennaio di quell’anno. L’idea originaria del progetto si deve, probabilmente, a McCartney. Paul, convinto che la performance dal vivo sia una fonte di energia creativa, ha proposto un “ritorno alle radici”: un concerto live dei Beatles.

A Twickenham, dunque, il 2 gennaio, i Beatles iniziano, almeno nell’intenzione originaria, le prove di un concerto dal vivo.
Le immagini delle cineprese dovranno servire ad arricchire quelle del concerto vero e proprio.
La regia è di Michael Lindsay-Hogg. Fin da subito, però, la tensione e il nervosismo sono palpabili.
Già la seconda settimana, le discussioni sul luogo in cui tenere l’ipotizzato concerto generano ulteriori attriti: un antico anfiteatro romano in Nordafrica? Un mulino in disuso sul Tamigi? Una nave al largo della costa britannica? La Roundhouse di Camden a Londra?

Ma è venerdì 10 gennaio che la situazione sembra precipitare. Durante il pranzo George Harrison annuncia «Lascio il gruppo» e se ne va, lanciando un sarcastico saluto: «Ci vediamo in giro, in qualche locale».
Lunedì 13 e martedì 14 gennaio Harrison non si presenta a Twickenham.
Martedì il set viene smontato, e finisce qui la permanenza dei Beatles presso i Twickenham Studios.

Il 15 gennaio i quattro Beatles si riuniscono negli uffici della Apple, in Savile Row, a Mayfair, Londra.
Durante l’incontro Harrison pone condizioni precise: chiuderla con le riprese a Twickenham, mettere da parte l’idea del concerto dal vivo, scegliere alcune delle canzoni provate nei giorni precedenti e andare a registrarle, per un nuovo album, nei nuovi studi Apple allestiti nello scantinato del palazzo.

Gli altri tre acconsentono e l’inizio delle registrazioni viene fissato per il 20 gennaio.
George Martin lascia a Glyn Johns il compito di supervisionare i lavori, che però tornano a scivolare nelle sabbie mobili a causa delle tensioni private fra i componenti della band. Solo l’arrivo di Billy Preston, un tastierista di colore con cui i Beatles hanno familiarizzato anni prima, nel novembre del 1962, ad Amburgo, riesce ad alleggerire l’atmosfera.

I Beatles resteranno alla Apple fino a venerdì 31 gennaio. È probabilmente sabato 25 che nasce il progetto di tenere un’esibizione dal vivo sulla terrazza del palazzo della Apple.
Giovedì 30 gennaio, quando i nostri arrivano sulla terrazza, è da poco passata l’una del pomeriggio. Suonano Get Back, Don’t Let Me Down, I’ve Got a Feeling, One After 909, Dig a Pony, God Save The Queen, Danny Boy, A Pretty girl is like a Melody, I Want You (She’s So Heavy).

L’estemporanea esibizione si chiude a causa delle insistenze della polizia, intervenuta nel frattempo.
Lennon la sigilla con un autoironico commento che, con il senno di poi, suona preveggente: «I’d like to say “thank you” on behalf of the group and ourselves, and I hope we passed the audition».

Questa resterà, infatti, l’ultima esibizione pubblica dei Beatles insieme. Ai nastri registrati alla Apple mette mano Glyn Johns, compilando tre tracklist documentate su acetato e destinate a diventare l’ipotetico album Get Back.
Nessuna di esse otterrà l’approvazione dei Beatles. Quel materiale, ampiamente rimaneggiato dal produttore Phil Spector, verrà pubblicato l’anno seguente con il titolo Let It Be e la pellicola girata nel mese di gennaio, prima a Twickenham poi negli studi Apple, diventerà un film dallo stesso titolo.

Tempo di cambiamenti

Dopo il 31 gennaio, i Beatles sono prevalentemente occupati a discutere e litigare.
Il 1969 è per loro un anno di mutamenti e di evoluzione, come gruppo e singolarmente, professionalmente e dal punto di vista della vita privata.

Quell’anno, George Harrison e sua moglie Pattie Boyd vivono in una villa di campagna chiamata Kinfauns a Esher, nel Surrey. Paul McCartney risiede nell’abitazione di Cavendish Avenue, a St. John’s Wood, ma dopo le nozze lui e Linda Eastman già cominciano a trascorrere molto tempo a High Park Farm, la fattoria di Campbeltown, in Scozia, che Paul ha acquistato nel 1966.
Ringo Starr, la moglie Maureen e i figli Zak e Jason abitano a Brooksfield, nel Surrey, ma a fine anno ritorneranno a Londra, a Roundhill, Highgate.
John ha venduto Kenwood, la residenza in stile Tudor a Weybridge, nel Surrey. Lui e Yoko vivono insieme in un appartamento a Montagu Square, Londra; si trasferiranno sul finire dell’anno a Tittenhurst, nel Berkshire.

Sono due i Beatles che si sposano nel 1969. Mentre il matrimonio di Paul e Linda (12 marzo) è un affare tutto sommato privato, quello fra John e Yoko assume le dimensioni di un caso diplomatico.
Due giorni dopo lo sposalizio di McCartney, anche Lennon decide di ufficializzare la propria relazione con Yoko Ono.
Pensa di poterlo fare sul traghetto che attraversa la Manica, ma Yoko non ha i documenti necessari (e comunque il capitano dell’imbarcazione non potrebbe celebrare una cerimonia valida).
La coppia vola dunque a Parigi con un aereo privato, ma scopre di non potersi sposare in Francia perché non vi risiede da abbastanza tempo: servono solo due settimane di attesa, ma Lennon ha fretta.
È un dipendente della Apple, Peter Brown, a suggerire che la cerimonia si tenga a Gibilterra, che è un protettorato britannico. Ed è al consolato britannico di Gibilterra, il 20 marzo 1969, che il funzionario Cecil Wheeler sposa così Lennon e Ono.

La storia, a grandi linee, è raccontata nel testo di The Ballad of John and Yoko, il 45 giri di cui diremo fra poco. Il 25 marzo, all’hotel Hilton di Amsterdam, John e Yoko mettono in scena il loro primo “bed-in”, invitando la stampa internazionale a raggiungerli nella loro stanza d’albergo (la 902), dove la coppia riceverà i giornalisti stando a letto, dalle 9 del mattino alle 21 di sera, per un’intera settimana.

[Continua con la seconda parte]