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Nel corso dell’intervista pubblicata su Vinyl n. 10, Vittorio Nocenzi ha parlato anche dei primi album del Banco del Mutuo Soccorso

[di Guido Bellachioma – articolo integrale pubblicato su Vinyl n.10]

1972Salvadanaio

«Esprime la nostra urgenza espressiva, sino ad allora compressa per mancanza di occasioni. In volo è il manifesto concettuale della nostra ricerca artistica, sia per i testi che per la musica. C’è dentro la melodia, l’Hammond C3, l’utilizzo di un italiano più arcaico, dissonante con lo slang quotidiano, per creare un corto circuito con il linguaggio musicale del momento. RIP è la nostra immagine antimilitarista. Il giardino del mago è la suite che avevo dentro per esprimere pienamente il gruppo: preferisco ascoltarla che spiegarla».

1972Darwin!

«Darwin!, ha ricordato mio fratello Gianni, non è la teoria dell’evoluzione messa in musica, “bensì una metafora della morale, della coscienza dell’uomo. In tal senso è un’opera dai contenuti politici. Allora c’era una ribellione generale che in musica si traduceva nella ricerca di spazi più ampi che il prog accoglieva volentieri e nella voglia di scrivere testi che sfuggissero la rima baciata della musica leggera. In Darwin! c’era soprattutto una grande fantasia, perché le condizioni tecniche erano preistoriche: nonostante l’approccio sinfonico delle composizioni per registrarle avevamo a disposizione solo otto piste”».

1973Io sono nato libero

«L’album rappresenta una vera dichiarazione d’intenti, dove il Banco, senza rinunciare alla poesia e alla metafora, accentua la denuncia sociale e culturale. Il disco è dedicato a Salvador Allende e ai perseguitati dopo il colpo di Stato in Cile da parte del generale Pinochet: Allende ci commosse con l’ultimo discorso, proveniente dal palazzo presidenziale circondato, era l’11 settembre 1973, dopo neanche un mese il Banco entrava in studio».

1975Banco

«È il primo disco in inglese per la Manticore di EL&P e la registrazione, in parte avvenuta agli Advision Studios di Londra, è un’esperienza unica. Noi arrivavamo in studio mentre uscivano Sly and the Family Stone. Il fonico, Martin Rushent, era stato uno degli aiuti durante le registrazioni dei Beatles a Abbey Road. Emozioni fortissime, come il brindisi in studio con Emerson e Lake per l’ultimo dell’anno, mentre curavo i missaggi finali. Flûte di champagne e roastbeef inglese in regia la sera, il mattino dopo direttamente in aeroporto per il concerto di Capodanno a Mestre! Nell’album c’è Chorale, in una versione molto diversa dall’originale Traccia II. E poi c’è L’albero del pane, presente solo in quest’album, liberamente ispirato a un classico della musica gregoriana: Ecce panis angelorum».

1978 – …di terra

«Musicalmente è l’album più bello e coraggioso che abbiamo mai registrato… e negli anni in cui arriva in Italia la discomusic. Cassa in quattro e via andare, nascono i Dj come alternativa ai musicisti e noi registriamo il disco più difficile della nostra carriera! Una scelta controcorrente, alla Banco. Però, come spesso succede in casi simili, quest’album, incosciente e ardito, ha sulla coscienza centinaia di persone che hanno scelto di fare i musicisti e iscriversi al conservatorio. Fu esaltante concepire e scrivere un’unica partitura per gli strumenti di una rock band e per quelli di un’orchestra sinfonica, un lavoro massacrante e meraviglioso al tempo stesso. Come dimenticare le nottate passate ad orchestrare le composizioni con il maestro Antonio Scarlato o le registrazioni in studio con i musicisti dell’orchestra? Furono tutti molti impegnati, perché noi fuggivamo il manierismo classico scontato, il rock and roll o l’orchesta da festival di Sanremo: i nostri modelli di riferimento erano Stravinskij, Bartók e Musorgskij».