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Angelo Branduardi racconta i suoi 70 anni di vita e 45 di musica. E il suo ultimo album, Il cammino dell’anima, ispirato all’opera visionaria di Hildegard von Bingen

[di Andrea Pedrinelli – articolo integrale pubblicato su Vinyl n.13 / continua da Fuori dal coro: Angelo Branduardi si racconta – pt. 1/2]

Nelle donne rispetto all’uomo c’è uno scarto di invenzione, di genialità: che conosco bene perché appunto da sempre lavoro con una donna, Luisa. Le donne hanno un rispetto diverso della natura umana, una profondità maggiore nell’indagare i sentimenti, una forma più evoluta del porsi nei confronti della realtà. E pure nei confronti dell’irrealtà.

E del resto… anche Greta Thunberg è una donna, no? Non ve la nomino a caso, la cito perché ne Il cammino dell’anima c’è la presenza del demonio, cui nel brano Il cammino dell’anima 2 do voce io stesso. E dov’è il diavolo nel 2020? Secondo me oggi si nasconde nella plastica, ed in tutto ciò con cui stiamo rovinando con le nostre stesse mani il mondo che ci è stato donato. I dinosauri hanno vissuto milioni di anni più di noi e gli è arrivato il meteorite; noi il meteorite ce lo stiamo costruendo in casa. Per cui, viva la piccola Greta, che proprio non ho coinvolto a caso. È un altro esempio, ancorché non musicale, di come le donne spesso vedano più lontano di noi uomini.

I “miei” vinili

I dischi in vinile cui sono più legato sono l’edizione completa di Bach, l’edizione completa di Mozart, e il regalo incredibile che mi fece nel 1978 la Deutsche Grammophon in occasione dei settant’anni di Herbert von Karajan: un enorme cofanetto, stampato in sole mille copie nel mondo, delle nove sinfonie di Beethoven dirette dal Maestro.

Da ragazzo ascoltavo molto i Beatles, invece, e Cat Stevens. Però non mi ricordo titoli precisi di loro LP che mi colpirono più di altri, in compenso rammento ancora bene i pezzi di Cat Stevens: perché lo copiavo! Lo imitavo, da tanto mi piaceva. Come violinista invece ho sempre amato ascoltare i dischi di Jascha Heifetz perché aveva un’energia quasi violenta, sullo strumento, che mi ha sempre affascinato.

Oggi però confesso che mi sono abituato ad ascoltare dischi tramite CD; non al computer, quello proprio non mi piace, però il vinile ormai lo sfrutto raramente. Un po’ perché ho paura di rovinarlo, un po’ perché mi dà ancora fastidio che verso il centro saturi, pure malgrado il mio impianto abbia un braccio tangenziale. Ma una volta, del resto, noi artisti apposta al centro di un LP mettevamo le cose meno significative…

In compenso ho deciso di fare un cofanetto per i miei settant’anni, compiuti il 12 febbraio, e mi è sembrato una sciccheria poter pensare di farlo proprio su vinile. Il cofanetto contiene i tre album che nella mia vicenda al momento considero fondamentali.

Futuro Antico I – Chominciamento di gioia del 1996 perché fu la riscoperta e la messa in gioco delle radici profonde, quelle che non gelano mai. L’infinitamente piccolo dedicato a Francesco d’Assisi nel Duemila perché fu una scommessa vinta, tutti ridevano ed è stato uno dei miei più grandi successi: dal vivo poi ho fatto trecento rappresentazioni della Lauda e probabilmente verrà pure ripresa, c’è una grande richiesta. Infine il cofanetto contiene ovviamente Il cammino dell’anima: perché è l’ultimo passo che ho fatto a oggi. Adesso aspetto il prossimo, che verrà quando verrà.

Settant’anni, e quarantacinque di carriera

Fra 2019 e inizio 2020 ho toccato traguardi importanti, certo. Ma attenzione: i bilanci li rifuggo. Quello che ho fatto di giusto e sbagliato doveva essere fatto. Posso invece provare a definirmi: Angelo Branduardi chi è come artista?

È un provocatore, uno che sempre è andato controcorrente. Ed anche perciò, amo molto aver affrontato Hildegard von Bingen. Branduardi è un artista di nicchia felice di esserlo: e che però parecchie volte dalla nicchia, senza volerlo, è entrato nel mainstream piazzando successi colossali -nonché internazionali. Angelo Branduardi è un artista che divide il pubblico, c’è chi mi ama e chi mi odia ed è giusto: era così per Renata Tebaldi e Maria Callas…

Branduardi, infine, soprattutto è e sarà sempre anche quello di Alla fiera dell’Est o La pulce d’acqua. Nell’Angelo Branduardi del 2020 c’è tutto il mio percorso, tutto. Ho assorbito come il ragno dalla preda tutto ciò che ho fatto; lo reinvento, e lo ripropongo sempre con grande gioia anche se da tanti anni. Dunque neppure nel tour de Il cammino dell’anima mancano le mie mainstream: anzi, dipendesse da me Alla fiera dell’Est la canterei mille volte, avrei voluto scriverne mille di Alla fiera dell’Est!

E c’è un’altra cosa, che mi piace raccontare al riguardo di questo brano in particolare. Se chiedete a un bambino chi è Branduardi, non lo sa; ma il topolino comprato per due soldi alla fiera dell’Est… eccome, se lo conosce! Vuol dire che quel pezzo non mi appartiene più, che ha travalicato il suo compositore divenendo patrimonio popolare. E questo mi dà, senza false modestie, una piccola immortalità.

Il che non è male specie se pensate a cosa vi ho raccontato all’inizio: perché come scrissi già nel pezzo che preferisco dei miei, Confessioni di un malandrino che composi quando avevo solo diciott’anni, senza la musica per me non sarebbe andata benissimo…

[foto: Niccolò Caranti / licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo 3.0 Unported]