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Ha realizzato alcune tra le copertine più iconiche di tutti i tempi. E non poteva essere diversamente. Paul Marechal, collezionista ed esperto dell’arte di Andy Warhol, ci guida alla scoperta della passione (non tanto segreta) del genio della pop art: la musica.

di Teri Saccone
intervista integrale pubblicata su Vinyl n.8 (maggio 2019)

Le sue opere d’arte sono tra le più riconoscibili di tutti i tempi e le rivoluzionarie copertine di Sticky Fingers dei Rolling Stones e di The Velvet Underground & Nico non sfuggono a questa regola. E non sono le uniche. Andy Warhol, infatti, ha realizzato più di cinquanta copertine di album per moltissimi artisti diversi, da Artie Shaw a Diana Ross.

Provocatorio e prolifico, Warhol è stato un artista allo stesso tempo sottilmente brillante e candidamente commerciale, autore di una profezia (“Nel futuro ognuno sarà famoso per 15 minuti”) che in epoca di social network ha dimostrato tutta la sua validità.
Andrew Warhola, questo il suo vero nome, nasce nel 1928 a Pittsburgh, Pennsylvania, da una famiglia povera di immigrati cecoslovacchi. Un’origine improbabile per chi è destinato a diventare un’icona culturale tra le più acclamate di tutti i tempi. Inizia come illustratore commerciale, ma il suo desiderio, bruciante, è diventare un vero artista.
Alla metà degli anni ’50 i suoi “colleghi” sono espressionisti astratti del calibro di Mark Rothko e Jackson Pollock. Ma lui è l’esatta antitesi di queste due anime tormentate. Le sue opere, infatti, sono accessibili, non elitarie e, soprattutto, ubique.

Anche perché, dopo aver vissuto durante l’infanzia l’esperienza della Grande depressione, nel dopoguerra abbraccia con entusiasmo il consumismo americano. Pensiamo alle sue interpretazioni di banali manufatti di uso quotidiano elevati al rango di oggetti artistici, come le bottiglie di Coca-Cola o la scatola delle spugnette abrasive Brillo. Tutto ciò porta una ventata di novità e freschezza nel mondo dell’arte contemporanea e contribuisce a forgiare il movimento della pop art.
Un artista poliedrico e straordinario, così ossessionato dalla celebrità da diventarne addirittura l’emblema.

Una passione autentica

Che a distanza di oltre 30 anni dalla sua scomparsa (era il 1987) una rivista di musica in vinile dedichi uno spazio a Andy Warhol non dovrebbe sorprendere.
L’artista americano, infatti, era un sincero appassionato di musica. Era nota la sua abitudine di ascoltare ossessivamente gli album nel suo studio, The Factory, lasciandoli suonare liberamente e rifiutandosi di cambiarli. Un’abitudine che ha suscitato la curiosità di Paul Marechal. Il collezionista d’arte di Montreal, che di Warhol è diventato un esperto, nel 2015 ha pubblicato il libro Andy Warhol: The Complete Commissioned Record Covers.

«Ho scelto di occuparmi di lui perché analizzando la sua opera, che spazia attraverso così tanti formati e media diversi, non ci si annoia mai. Se sono diventato un collezionista è stato proprio per scrivere delle sue opere grafiche, che ho dovuto osservare e toccare con mano».

È proprio attraverso Warhol che Marechal ha sviluppato il suo entusiasmo per il vinile. «Ho iniziato collezionando le copertine dei dischi illustrate da Warhol. Poiché si tratta di una produzione realizzata nell’arco di 40 anni e che spazia attraverso tanti generi, ho voluto conoscerne meglio la storia e l’evoluzione. Anche per capire come gli artisti si sono adattati nel tempo alle esigenze dell’industria discografica. In particolare, mi interessava studiare l’inizio degli anni ’60, quando, sulle copertine degli album, gli illustratori cominciano a essere soppiantati dai fotografi. Warhol sapeva benissimo come adattarsi alle nuove richieste che arrivavano dai direttori delle etichette discografiche. Il forte legame tra lui e la musica era lì, in bella vista, ma ho dovuto scrivere il libro per collegare tutti i punti e comprendere veramente quanto la musica fosse una parte importante della sua vita. Le copertine dei dischi sono state il punto di partenza».

Ma questa è arte?

Diventato un collezionista accanito, Marechal si è lanciato alla ricerca di ogni copertina disegnata da Warhol.
«Sin da quando ho iniziato a scrivere il libro, ho pensato di completare la collezione delle sue opere, in modo che il lettore potesse seguirne l’evoluzione artistica. L’intuizione era corretta, perché in questo modo è possibile costatare quanto le sue opere pittoriche siano in perfetta sintonia con i suoi lavori come illustratore e in che modo, nel realizzare le copertine, abbia spinto al limite la concezione di che cosa è l’arte. Warhol ha abbattuto le barriere che separavano la cosiddetta “arte commerciale” dalle belle arti propriamente dette e il venire meno di tale confine è senza dubbio una delle più importanti eredità che ci ha lasciato. Oggi il fatto di essere classificati come artisti non preclude infatti la possibilità che ci si possa esprimere creativamente, come ha fatto lui, anche attraverso la copertina di un disco, un video musicale, un poster commerciale, l’etichetta di un vino…».

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