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Ha fondato la Creation Records, lavorato con My Bloody Valentine, Ride e Primal Scream, scoperto gli Oasis e si è anche “preso cura” dei Libertines. Il leggendario Alan McGee racconta i dodici album fondamentali della sua lunga carriera.

di Ben Wardle
articolo integrale pubblicato su Vinyl n.7 (marzo 2019)

Alan McGee non è solo “quello che ha scoperto gli Oasis”. È un innovatore dell’industria discografica, il membro di un club esclusivo di grandi talent scout che comprende personaggi del calibro di Chris Blackwell della Island, Jimmy Iovine della Interscope e, soprattutto, il compianto Ahmet Ertegün, che nel 1947 ha dato vita all’Atlantic Records.
Come loro, McGee sa unire una capacità visionaria nell’individuare il talento a un implacabile fiuto per gli affari. Dai primi passi con i singoli della sua band Biff Bang Pow! all’originale fusione di rock e dance dei Primal Scream, fino alla definitiva ascesa della sua Creation Records, la vita di McGee ha offerto materiale per libri e film.
Ancora oggi è in splendida forma e molto soddisfatto di dirigere la sua attuale scuderia di talenti, che comprende Black Grape, The Bluetones e Cast. Ma quando gli chiediamo di spulciare tra quella pila virtuale di dischi di cui è stato tra gli artefici nei suoi quattro decenni di carriera, non si tira indietro.

FELT, Forever Breathes the Lonely Word
Creation, settembre 1986

«Li ho riscoperti quest’anno. Sono passati più di diciotto anni da quando la Creation Records ha cessato di esistere e non ascoltavo i Felt da allora. Questo Natale, però, mi trovavo in Galles e li ho riascoltati insieme a mia figlia, che ha diciassette anni e molto buon gusto. Mi ha detto: “Chi sono questi? Mi piacciono”. Abbiamo tirato fuori quattro album di Lawrence [aka Lawrence Hayward, cantante e perno della band, ndr], ma questo è decisamente il migliore. Io e Lawrence siamo amici dal 1984. Io avevo 23 anni e lui 21, ma per me, e per gente come Bobby Gillespie, era una vera star. Quando nel 1985 ha lasciato la Cherry Red e mi ha detto che voleva pubblicare con noi della Creation, non ci volevamo credere! Noi eravamo una realtà improvvisata, mentre lui aveva lavorato con una vera casa discografica. Un po’ come se la donna più bella della città ti chiedesse di uscire! La Cherry Red era quello che speravamo di diventare. Adoravo il loro A&R, Mike Alway… Erano loro, più che Rough Trade, il nostro punto di riferimento. L’album fu accolto incredibilmente bene. Se oggi dovessi partire con una nuova etichetta e pubblicarlo come primo disco, sono sicuro che avrebbe altrettanto successo».

Il mio brano preferito: All The People I Like Are Those That Are Dead

THE HOUSE OF LOVE, The House Of Love
Creation, giugno 1988

«Il primo singolo della band, Shine On, aveva ottenuto un po’ di successo ma il secondo, Real Animal, fu un fiasco. Quasi finimmo in bancarotta… Mia moglie mi aveva lasciato, avevo giusto dodici cucuzze in banca e le avevo spese tutte per mixare l’album insieme a Pat Collier. Però il disco era splendido, ero convinto che avrebbe avuto successo. All’inizio non si può dire che andasse magnificamente, poi Christine è uscito come singolo e… bam! Tutti a dire che era fenomenale! Jeff Barrett fece un ottimo lavoro con la stampa e il disco decollò: vendette 100.000 copie. Uscimmo allora con Destroy The Heart, dopo di che si cominciò immediatamente a parlare di major… Sono convinto che, se Terry Bickers non avesse lasciato il gruppo, sarebbero davvero arrivati a una major e sarebbero diventati una band immensa, ne avevano i numeri. Il punto debole era Guy Chadwick, che era completamente fuori… Molto competente, autore brillante, ma le droghe avrebbe dovuto lasciarle stare».

Il mio brano preferito:  Man To Child

SLOWDIVE, Just For A Day
Creation, settembre 1991

«Il bello di questa band è che il loro primo album era assolutamente fuori moda, del secondo non gliene importava niente a nessuno, mentre il terzo… neanche regalandolo riuscivi a disfartene. Però vent’anni dopo, nel 2014, tornano e diventano l’attrazione principale del Primavera di Barcellona, un festival da 20.000 spettatori. È il potere della musica! Loro erano dei fan di House of Love e Ride. All’epoca spingevamo un mucchio di band del genere e loro si sono uniti al gruppo. Li ho visti una sera in un pub di Windsor e abbiamo subito pubblicato il primo singolo. Credo che non siano stati compresi. All’epoca non era figo essere borghesi, non come adesso, che dal panorama musicale è sparita la classe operaia. Gli Slowdive erano borghesi e bravi ragazzi. Ma erano una grande band. Forse oggi li hanno capiti più di quanto li avessi capiti io all’epoca. Perché adesso sono una vera band, non un gruppo che fa un concerto all’anno e via. Oggi sono in tour tutto l’anno, in tutto il mondo!».

Il mio brano preferito: Brighter

RIDE, Nowhere
Creation, ottobre 1990

«Mi trovo con Richard Norris dei The Grid negli uffici della East West Records, insieme al loro uomo dell’A&R, Cally, e ascoltiamo i Ride. Sono fenomenali, ma Cally dice che non hanno ancora deciso se firmare con la East West. Allora organizzo un incontro. Credo che all’inizio non abbiano capito niente di quello che ho detto. Comunque li abbiamo messi sotto contratto e li abbiamo resi famosi… e loro poi hanno firmato con la Sire per il resto del mondo! I Ride erano da manuale del music business: la band registra, dopo tre mesi il disco esce, tutti fanno soldi, la band torna in studio… Bellissimo. Nowhere vendette 100.000 copie in poco tempo e per noi fu un bel colpo. La copertina? Non mettevamo mai i musicisti sulla cover dei nostri dischi. Ero stato musicista anch’io, mi piaceva suscitare pensieri complessi».

Il mio brano preferito: Seagull

[Continua con la parte due dello speciale]