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[Articolo di Federico Pucci originariamente pubblicato su Vinyl n.8 – maggio 2019 – continua dalla parte 1]

Waterloo è purissima contaminazione, e non solo perché sarà la prima canzone vincitrice dell’Eurovision presentata in una lingua diversa da quella degli interpreti.

Il suo impianto sonoro discende infatti dalle lezioni di Phil Spector, quelle sintetizzate nel wall of sound di cui il fedele fonico Bo Michael Tretow è fervente seguace. Ma a rendere imponente questa corazzata napoleonica di tre minuti è la traduzione di questo approccio produttivo in qualcosa di totalizzante.

Pianoforti, chitarre, fiati sono raddoppiati e sovraincisi, dando così a ogni nota un peso maggiore, certo. Ma lo stesso si può dire dell’affastellarsi di hook melodici: prima il riff metallico; quindi la strofa che dalla vetta del “My my” sprofonda eroicamente. Poi la discesa di piano staccata, ripetuta nel finale, un tocco divenuto sinonimo di ABBA due anni dopo con Dancing Queen. Infine il ritornello, completamente aperto, come una finestra spalancata. A questo va aggiunta la fortunata tessitura delle voci di Agnetha e Frida, che cantando all’unisono mescolano alti e bassi, morbidezza e chiarezza, in perfetta sintesi.

La canzone si potrebbe dissezionare all’infinito, ma chissà se avrebbe avuto la stessa fortuna senza la geniale analogia bellica del testo: arrendersi al fato di un amore come Napoleone si arrese a Waterloo.

Questa originale metafora convince anche i quattro a presentarsi vestiti in un modo che non può non aver colpito pubblico e giurie. Lo stile è ottocentesco, ma catapultato nell’era spaziale, in un futuro nel quale la disco music ha conquistato pianeti lontani dove si gira fasciati di abiti luccicanti e sopra zeppe argentate. Tutto un altro tocco rispetto alle tuniche castigate e ai papillon elefantiaci dei contendenti.

Certo gli ABBA non sono i primi a portare la modernità all’Eurovision. L’ammiccante Poupée de cire, poupée de son, scritta da Serge Gainsbourg per France Gall, ha trionfato nove anni prima con una simile carica innovatrice. Ma nel Brighton Dome, quel 6 aprile 1974, tutto pare antico al confronto con Waterloo. Un brano così chiaramente europeo, eppure così immune alle tenaci tradizioni continentali.

Il fato che aveva tradito Napoleone stavolta aiuta gli audaci, e dopo un testa a testa nelle votazioni delle giurie può aprirsi un nuovo capitolo, con la prima hit di un gruppo destinato a dominare il resto del decennio. Il pop diventa finalmente una questione globale.

[Foto: AVRO – Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported]