Condividi su

Nata come costola della Decca Gramophone Company subito dopo il crollo di Wall Street del 1929, l’etichetta inglese è diventata uno dei colossi della musica mondiale, capace di lanciare i musicisti più illustri della storia, tra cui i Rolling Stones (ma non i Beatles)

[di Gareth Murph – pubblicato su Vinyl n. 12 / continua da I 90 anni della Decca – pt. 2/3]

Dalla Deram al Prog

Tra gli albori del ’67 e il ‘69, le grosse etichette rivali della Decca in Europa cominciano a fondare le loro piccole sussidiarie hippie-oriented: la Harvest Records della EMI e la Vertigo della Philips, attorniate da una pletora di etichette indipendenti come Reaction, fondata dal manager dei Cream, o la Blue Horizon di Mike Vernon, futura madre dei Fleetwood Mac.

Oppure, ancora, la Chrysalis di Terry Ellis e Chris Wright, manager rispettivamente dei Jethro Tull e dei Ten Years After, o la Charisma di Tony Stratton-Smith e la Island Import di Chris Blackwell. Tutto questo stormo di nuove etichette è lanciato in un sempre più serrato inseguimento del più avanzato mercato americano, ma nonostante il loro indiscutibile successo, non bisogna dimenticare che, ancora una volta, è stata la lungimiranza di Decca a gettare le basi sulle quali poggia questa nuova pagina della musica.

Ancora nel ’66, infatti, il produttore dal pedigree squisitamente classico Hugh Mendl viene incaricato di fondare una sussidiaria della Decca, la Deram, con il dichiarato obiettivo di stregare le orecchie dei giovani ascoltatori grazie a un sound prima d’allora mai sentito, reso possibile da una tecnica di registrazione stereofonica ad altissima fedeltà che Decca aveva già sperimentato con le orchestre classiche. Tra i primi a beneficiare di tutto questo saranno i Moody Blues, che trovano alla Deram il successo che avevano mancato con i loro dischi Decca usciti nel 1965.

Il loro album del 1967 Days Of Future Passed rappresenta il primo vero passo verso la nascita del progressive rock. L’indimenticabile Nights In White Satin ha avuto anche la forza di tornare in vetta alle classifiche con la ristampa del 1972. Dagli hangar della Deram, in breve tempo, vengono lanciati alcuni dei più grandi nomi del decennio successivo, come Cat Stevens, i Move, i Procol Harum, i Ten Years After e persino un acerbo ma già incredibile David Bowie.

Verso l’epilogo…

«Ancora oggi, non posso che ripensare alla Decca con affetto» ammette Andrew Loog Oldham, confrontando i gentlemen della Decca di allora con gli squali che lo hanno circondato una volta sbarcato con gli Stones a New York. Verso la fine degli anni ‘60 Oldham potrà fare ben poco per difendersi dalle grinfie del suo stesso avvocato, Alan Klein, che riuscirà a portargli via gli Stones, i copyright e, chissà poi come, persino tre dei Beatles.

Il cerchio sembra chiudersi nel 1970, quando da una parte la Decca cede gli Stones all’Atlantic e dall’altra Sir Edward Lewis compie settant’anni. Nonostante l’età avanzata, il businessman continua a gestire l’etichetta ma il tempo dello splendore sembra ormai giunto al termine. Nonostante alcune promettenti new entry, come Thin Lizzy e Savoy Brown, la major si ritrova confinata ai suoi classici in bianco e nero.

L’epilogo arriverà nel 1980, lo stesso anno della morte di Edward Lewis, quando l’intero catalogo di Decca viene venduto alla Polygram, la major destinata a trasformarsi nella Universal di oggi. L’etichetta muore quindi con il suo fondatore. Il suo logo, però, sarà sempre il simbolo di tre fondamentali momenti cardine della storia della musica: la Grande Depressione, la Seconda guerra mondiale e i favolosi anni ‘60.