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Anche al Festival di Sanremo c’è un lato A e un lato B… tante copertine e tanta musica. Che a volte passa e va e altre volte resta. Sul giradischi

[di Franco Zanetti – articolo pubblicato su Vinyl n. 12 / continua da 70 anni di vinili a Sanremo – pt. 2/4]

Lato B: la legione dei perdenti di successo

Sono molto più numerose le canzoni che non hanno vinto il Festival di Sanremo ma che poi sono comunque diventate grandi successi di vendita.
Negli anni dei 78 giri, diciamo fino alla fine degli anni ‘50, le primatiste di vendita sono state Papaveri e papere, cantata da Nilla Pizzi nel 1952 (seconda classificata al Festival); Casetta in Canadà, cantata da Gino Latilla e Carla Boni nel 1957 (quarta classificata) e L’edera, cantata da Nilla Pizzi nel 1958 (seconda classificata, ultimo grande esempio di canzone tradizionale all’italiana, sconfitta dalla nuova canzone di Modugno vincitrice quell’anno).

All’inizio degli anni ‘60, epoca dell’avvento del 45 giri, furono 24mila baci (Adriano Celentano, 1961), Le mille bolle blu (Mina, 1961) e Quando quando quando (1962, Tony Renis) a svettare nelle classifiche, pur essendosi classificate rispettivamente seconda, quinta e quarta.

Un’attenzione speciale la merita Una lacrima sul viso, presentata da Bobby Solo nel 1964: esclusa dalla gara, perché fu eseguita in playback causa un (dichiarato, ma forse strategico) abbassamento di voce dell’interprete romano, stravinse nelle classifiche di vendita, diventando il primo 45 giri a superare il milione di copie vendute nella storia della discografia italiana.

Nessuno mi può giudicare, cantata da Caterina Caselli, arrivò seconda in classifica nel 1966 ma prima nelle vendite, mentre Il ragazzo della via Gluck di Adriano Celentano, che non andò neppure in finale quello stesso anno, è diventata un evergreen.
I successi commerciali usciti dal Festival del 1967 sono stati La musica è finita di Ornella Vanoni, Pietre di Antoine, L’immensità di Don Backy e Cuore matto di Little Tony (rispettivamente quarta, ottava, nona e decima classificata).

Nel 1968 Gli occhi miei di Dino, undicesima classificata, divenne un successo internazionale nella versione inglese di Tom Jones (Help yourself), così come La voce del silenzio di Tony Del Monaco, quattordicesima in graduatoria, conquistò le classifiche anglosassoni nella versione di Dionne Warwick; nel 1969 Ma che freddo fa diede il primo posto in hit parade all’esordiente Nada, solo quinta nella classifica finale del Festival.

Anche negli anni ‘70 non mancano gli esempi di scollamento fra piazzamento al Festival di Sanremo e piazzamento nelle classifiche: basta ricordare La prima cosa bella di Nicola di Bari e dei Ricchi e Poveri (1970), Che sarà dei Ricchi e Poveri e di José Feliciano (1971), Montagne verdi di Marcella Bella (1972), Gianna di Rino Gaetano (1978), primatiste in classifica e rispettivamente seconda, seconda, settima e terza nella graduatoria sanremese.

Ma il decennio forse più significativo, in termini di discrepanza fra classifica del Festival di Sanremo e classifiche di vendita, sono gli anni ‘80.
Contessa dei Decibel (1980); Maledetta primavera di Loretta Goggi e Sarà perché ti amo dei Ricchi e Poveri (1981); Felicità di Albano e Romina Power (1982); Margherita non lo sa di Dori Ghezzi, Vacanze romane dei Matia Bazar, L’italiano di Toto Cutugno (1983); Il clarinetto di Renzo Arbore e Lei verrà di Mango (1986); Nostalgia canaglia di Albano e Romina Power e Quello che le donne non dicono di Fiorella Mannoia (1987); Andamento lento di Tullio De Piscopo (1988); Almeno tu nell’universo di Mia Martini e Cosa resterà degli anni Ottanta di Raf (1989); Vattene amore di Amedeo Minghi e Mietta (1990); tutte canzoni che le classifiche del Festival non hanno premiato e che invece sono state premiate dalle vendite.
Per non dire dei due casi più eclatanti: Vado al massimo, 1982, e Vita spericolata, 1983 di Vasco Rossi arrivano appena fra le finaliste nel 1982 e anche l’anno dopo, quando si classifica penultimo davanti solo a Pupo…

[continua con l’ultima parte]