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La cronaca lo rese frenetico, la storia ce l’ha restituito mitico e il rock ne è stato la metafora esemplare. Ciò che accadde in politica, nelle arti e nella società, riletto cinquant’anni dopo, sembra veramente troppo per soli dodici mesi di un tempo senza Internet, cellulari e social media. Eppure.

[di Giampiero Di Carlo – cover story integrale pubblicata su Vinyl n.9 / Continua da 1969: l’alba di una nuova era – pt. 1/2]

Eppure nell’immaginario collettivo il mese-icona resta l’agosto 1969 dipanatosi intorno a Woodstock, l’evento che continua a catturare come in un riflesso condizionato il nostro inconscio anche se fu, in realtà, un festival molto più “corporate” del più sanguigno Monterey Pop di due anni prima. E mentre tre giorni di amore, musica e fango entravano nel mito, l’America preparava il funerale alla generazione hippie ed alla sua utopia.

Un aiutino lo fornì la sua nemesi, l’Anticristo incarnato, quando il giorno 9 insieme alla sua “Family” sgozzò – tra le altre vittime – l’attrice Sharon Tate nella casa di lei e di Roman Polanski a Los Angeles. “Pigs” e “Helter skelter”, scritte col sangue sui muri, permisero a Charles Manson di trascinare per sempre anche gli amati Beatles nella sua follia omicida, lui che si riteneva un grande artista e loro, che, ignari, proprio il giorno prima si erano fatti fotografare da Ian Macmillan ad Abbey Road mentre attraversavano in fila indiana le strisce pedonali.

Un anno di contrasti, artistici e non

E in Italia? Anche da noi il passato e il futuro si misuravano in un presente ancora difficile da decifrare. Se guardiamo alla musica, non sfugge che Lucio Battisti – in coppia con Wilson Pickett! – partecipava per la prima e ultima volta al Festival di Sanremo: Un’avventura si classificò solo nona, ma la sua popolarità esplose definitivamente trasformandolo anche agli occhi del grande pubblico da “solo” autore anche a interprete: un piccolo assist alla generazione dei cantautori prossima ventura. Intanto il festival lo vinse Zingara e in quella diciannovesima edizione, l’1 febbraio, trionfarono Iva Zanicchi e Bobby Solo… (così come, mentre a Detroit Iggy Pop anticipava il punk di sette anni, Frank Sinatra lanciava My Way ed Elvis Presley Suspicious Minds).

Questi contrasti artisticamente così stridenti, tuttavia, erano ben poca cosa rispetto a quello che si preparava in strada, nelle fabbriche e nelle scuole.
Con la Fiat 125 Berlina decretata auto dell’anno registrammo il tramonto definitivo del boom economico post bellico e la fine dell’ottimismo e dell’euforia.

Intanto in Italia…

Il 1969, da noi, diventò l’anno dell’Autunno Caldo: il movimento studentesco del 1968 aveva preparato il terreno per le lotte operaie, originate dai nodi irrisolti sui rinnovi di ben 32 contratti collettivi dei lavoratori ormai giunti a scadenza. Alle richieste di un’educazione scolastica da garantire a tutti si sovrapposero ora le rivendicazioni salariali.
Scioperi, graduale ascesa del potere sindacale, nascita dei CUB (Comitati Unitari di Base) e conflitti sempre più esasperati si sarebbero rivelati l’anticamera di una recessione lunga un decennio e, purtroppo, degli Anni di Piombo.

Dopo mesi di tensione crescente il 12 dicembre una bomba fatta esplodere in Piazza Fontana a Milano, all’interno dalla Banca Nazionale dell’Agricoltura, uccise 16 persone e ne ferì 87. Simbolicamente, l’ordigno colpì lavoratori e contadini. Il tragico salto di qualità dalla protesta alla lotta armata fu, insieme alla morte dell’anarchico Giuseppe Pinelli (precipitato tre giorni dopo da una finestra della Questura di Milano mentre veniva interrogato sull’eccidio), un funesto detonatore: la “strage di stato” avrebbe sdoganato il terrorismo degli anni Settanta solo pochi giorni dopo che il concerto di Altamont (6 dicembre, California) aveva soffocato il potere dell’amore nel rock.

1969: capolinea della controcultura?

E dunque, il 1969 fu il capolinea di una controcultura giovanile troppo idealistica? O erano solo giovani che stavano diventando adulti? Difficile dirlo. Ma due cose sappiamo. Che quei 12 mesi convulsi separarono due epoche e non due semplici decenni. E che nel 1969 nacque il 2019. Eh, sì. Quando in Arpanet collegarono quattro “nodi” universitari – nasceva una cosa che chiamiamo “link”. O quando Steven Paul Jobs conobbe Steve Wozniak – i due futuri fondatori di Apple si preparavano a produrre le “blue boxes”, goffi scatolotti per telefonare gratis (ricorda qualcosa?).

Chissà perché mi torna in mente quella frase leggendaria di Jamie Reid, il grafico dei Sex Pistols: “Mai fidarsi di un hippie”.