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[Di Valentina Giampieri – continua dalla parte 1]

Noi oggi siamo abituati a registrare la nostra voce, ma a metà del secolo scorso queste macchine furono una delle prime opportunità per farlo: per la gente era affascinante riascoltarsi anche in una versione ruvida e graffiante. «Volevo restare il più possibile fedele all’originale per ricreare lo stesso effetto-sorpresa. Ho aggiornato alcuni componenti, e trovato un nuovo materiale plastico per i dischi: quelli dell’epoca erano di cartone rivestito con un acetato altamente infiammabile: non era saggio tenerseli in casa. Credo che oggi quella “cabina telefonica” si trovi in un museo della Repubblica Ceca, e incide direttamente su un 45 giri in vinile da 6 pollici».

Ma Jack White, in tutto questo, che cosa c’entra?
«Siamo entrati in contatto per caso. Lui aveva trovato un Mold-O-Rama, un distributore automatico di statuette in plastica stampata, e gli serviva un po’ di materia prima per rimetterlo in funzione. Gli ho fatto avere una borsa con dei pellet, ma anche un disco fatto con il Voice-O-Graph e il messaggio: “Dovresti comprare anche una di queste cabine”. Mi ha chiamato il giorno seguente e ne ha prese tre».

Il numero di macchine esistenti è basso (ne furono prodotte meno di un migliaio) ma il prezzo non lo è: una cabina originale risistemata può arrivare a costare anche 95mila dollari. Jack White non è l’unico artista ad aver subito il fascino di questi record booth. Neil Young, scoperto il Voice-O-Graph della Third Man Records di Jack a Nashville, ci si è chiuso dentro e ne è uscito con un intero album (A Letter Home, 2014).

Kirk Hammett dei Metallica ne ha uno tutto suo. «L’ho fatto io, avevo solo la porta di ingresso con lo stipite; da quella ho ricostruito il resto senza modificarla perché veniva da Detroit, l’area della Motown: volevo conservare le vibrazioni di un periodo magico per la musica… Ogni volta che mi ritrovo con alcuni pezzi da sistemare, penso: “Che cosa diavolo mi è venuto in mente?”. Il lavoro è tantissimo».

A volte, spiega Bollman, manca del tutto il meccanismo, oppure c’è solo quello. Spesso gli arrivano veri e propri rottami e lui li ricostruisce come i paleontologi con le ossa dei dinosauri. «Alla fine, entrare lì dentro mi regala ogni volta sensazioni uniche. Quando metto il gettone e la registrazione parte, vengo catapultato in un’altra dimensione. Ho la casa piena di pessime registrazioni in cui canto Elvis! È uno sballo, un’esperienza unica. Per il momento ho ristrutturato circa 8 Voice-O-Graph, e sono gli unici funzionanti in circolazione. Ma mi piacerebbe trovare un Phonopost o un Registon, i suoi antenati in Europa».

Se ne avete visti, sapete a chi rivolgervi.