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Tornare alla musica analogica non significa tornare al passato: parola di Marco Fullone. Che abbiamo intervistato per voi. Ne leggeremo delle belle…

Leggi l’intervista integrale a Marco Fullone su Vinyl n. 5 (gennaio 2019)

Chi è Marco Fullone?

Iniziamo dalle presentazioni. Professionista in ambito radiofonico dal 1999, Marco è programmatore musicale e sound designer di Monte Carlo Nights di Radio Monte Carlo.

Come giornalista musicale ha collaborato con riviste prestigiose come Rockstar, Audio Review, Suono, Style, Tribe… e ha creato e diretto Acid Jazz Magazine, per il quale ha realizzato e prodotto oltre 50 compilation. Come dj suona house, deep house e future lounge in molti club prestigiosi in Italia e all’estero.

Si è esibito con top dj internazionali (come Dimitri From Paris, Cassius, Steve Aoki, Danny Tenaglia, Stephane Pompougnac, Bob Sinclar, Gotan Project…), ha realizzato numerose compilation e sempre – per Radio Monte Carlo – ha firmato i progetti discografici Modern Soul (disco di platino) e la versione internazionale di New Classic.

Il ritorno del vinile

Come spieghi questa riscoperta?
Oggi i vinili, non tutti ma molti, vengono realizzati in gran parte con una nuova filosofia. Non si prendono più i primi master disponibili per trasferirli su vinile anziché su CD. Piuttosto si riprendono i master originali e li si elaborano in funzione delle caratteristiche del vinile. Tutte le grandi etichette stanno investendo molto in questo senso e gli artisti migliori in questi anni sono tornati negli studi di registrazione con i nastri originali, riadattati e rimasterizzati appositamente per il vinile.

Bentornati i classici allora, giusto?
Il pubblico che oggi vuole comprare vinili deve sapere che fino a qualche anno fa questo format era considerato ormai una specie di gadget, per artisti e addetti ai lavori oppure per i collezionisti. Così era negli anni Duemila. Il vinile veniva stampato in poche copie. Oggi non è più così: il vinile è rientrato sul mercato con numeri sempre più interessanti. Per esempio, Aqualung, il capolavoro dei Jethro Tull del 1971, è stato rimasterizzato nel 2011 dal leggendario Steven Wilson, fondatore e leader dei Porcupine Tree nonché produttore di tanti gruppi prog moderni e di tante riedizioni di classici di quel genere, a cominciare dai King Crimson. Se confronti quell’edizione con quella originale, o anche con quelle rimasterizzate negli anni ’90 o giù di lì in CD, la sorpresa è pazzesca: quella rimasterizzata suona molto, molto meglio.

Quindi dobbiamo ricomperare tutto?!
Ovviamente non è possibile. Ma dovendo, e potendo scegliere, è bene sapere che vale la pena investire qualche euro in più per una buona edizione rimasterizzata di recente, perché offre un’esperienza sonora assolutamente superiore.

E ora cosa si fa?

La preparazione del master cambia secondo che si debba stampare in vinile o su CD?
Sì, cambia. Il CD è uno strumento digitale creato ad hoc per avere una ampiezza di frequenze definita, da 20 a 20mila hertz. Il suono del CD quindi, per restare nel range delle sue frequenze, deve essere compresso. Cosa che non accade per il vinile, su cui il suono può restare naturale. Il vinile è infatti uno strumento fisico, tridimensionale, fatto dal solco, che potenzialmente può emettere uno spettro di frequenze infinito, anche se non le senti (ma questo vale anche per il CD, perché ogni orecchio umano sente più o meno frequenze). Il suono non compresso del vinile quindi resta molto più naturale e incorpora molte più sfumature, anche solo potenziali, ma utili a una percezione più fisica e profonda della musica.

Serve però un impianto di buona qualità…
Certo, il pubblico oggi può godere di tutto questo incremento qualitativo del suono, ma per goderne realmente deve investire qualche soldo in più, per acquistare i vinili migliori e utilizzare un buon impianto. Che non costa necessariamente una fortuna! Perché i costruttori di hi-fi, e soprattutto di giradischi, si sono evoluti molto in questo senso. Ovviamente tutto questo richiede da parte dell’ascoltatore tempo e fatica: bisogna informarsi (anche se oggi non è difficile come una volta), scoprire quali sono le edizioni migliori dei dischi e quali sono i giradischi migliori e la miglior testina.

Meglio un giradischi vintage degli anni ’70 o uno nuovo?
Un giradischi degli anni ’70 va bene, è un oggetto affascinate ma, tranne pochi casi di macchine top, non avrà mai la qualità degli apparecchi moderni. Oggi tutto è migliorato: la qualità dei materiali, quella degli assemblaggi, ma anche il design e la progettazione. Per cui, come dicevo all’inizio, ed è una bella notizia, oggi con poche centinaia di euro si compera un giradischi già mediamente superiore a tutti o quasi i giradischi di trenta o quaranta anni fa. Un buon Rega, o Pro-Ject, per molto meno di mille euro vi danno una qualità fenomenale. E ricordate che il giradischi è la sorgente del suono: se il giradischi è buono, la qualità rimane intatta. Per la stessa ragione, il giradischi, una volta acquistato, va mantenuto in ordine. La puntina va pulita e cambiata quando serve. Il giradischi va messo in bolla, va verificata la velocità del piatto e l’allineamento del braccio. Benvenuti nel fantastico mondo del vinile!

[Foto: licenza CC0 Public Domain]