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La Mecca del vinile d’importazione nel nord Italia è sempre stata questa: il negozio di Paolo Carù a Gallarate. Lui è un personaggio mite, simpatico, colto… un intenditore di poche parole, come deve essere un vero collezionista e appassionato di musica.

E’ per questo che una bella chiacchierata con Paolo è d’uopo e noi di Vinyl ci siamo recati a trovarlo, nel suo quartier generale del basso Varesotto – Dischi Carù si trova in piazza Garibaldi 6 a Gallarate. Qui, circondati da dischi e memorabilia, ci siamo abbandonati ai ricordi…

Paolo, come nasce un negozio così?
Sono un appassionato collezionista, che ha scelto di fare questo lavoro. Ho una collezione di oltre 50.000 vinili miei personali. Mentre nel negozio ne ho oltre 100.000, tutti accessibili e ben tenuti in ordine alfabetico in un grande magazzino che parte qui dal retro e arriva fin alla fine dell’isolato. Oggi, però, sono arrivato ad avere problemi di spazio. È un problema che dovrò affrontare. Dovrei fare nuove scaffalature. Ovviamente è tutto assicurato: ci sono rarità e cose firmate e autografate. Con pezzi che valgono davvero tanto, anche se il valore principale è sempre quello affettivo e storico. Per la mia collezione privata faccio piccole ricerche, che per i clienti non avrei il tempo di fare, e ho conquistato alcuni pezzi veramente interessanti. Anche se mi manca sempre una certa edizione di The Freewheelin’ Bob Dylan, che non ho ancora trovato… ma non demordo. Non chiedetemi qual è, perché non ve lo dirò mai.

Che cosa è cambiato in questi cinquant’anni anni di vinile? E che cosa vorresti avere indietro dei tempi andati?
Vorrei far tornare gli anni ’60 e ’70: la gente ne sapeva di più, anche se era meno informata, e i dischi che uscivano erano migliori e più importanti. Nessuno aveva accesso a tutto, come adesso che via Internet tutti possono sapere tutto, o pensare di saperlo. C’era più passione e più illusione.

Quali sono dischi che hanno fatto la fortuna di questo negozio?
Sono i classici, che si vendevano all’epoca e che si vendono ancora. Poi ci sono stati alcuni fenomeni, come i Doors negli anni ’80, che dopo aver venduto pochissimo per quindici anni improvvisamente hanno cominciato a diventare di massa. O i Led Zeppelin, che si vendono più oggi di una volta. I loro cofanetti recenti vanno a ruba, pur essendo, a volte, il frutto di scelte discutibili.

Vinile o anche CD? Chi vince?
Per ogni 20 vinili io vendo 50 CD, quindi vince ancora il CD. Il motivo credo sia il prezzo. Il vinile è troppo caro. Perché una novità in vinile deve costare 25 o 30 euro, mentre un CD ne costa 12 o al massimo 15? Se il vinile costasse meno, se ne venderebbero molti di più. La gente non può comperare più di due o tre dischi al mese a questi prezzi. Per non parlare delle edizioni preziose o dei cofanetti: quello nuovo di Chris Robinson dei Black Crowes costa 94 euro e contiene 3 vinili. Perché? Ci sono tanti clienti che lo vorrebbero e che non se lo possono permettere. Quello dei prezzi è da sempre un problema dell’industria discografica.

Come hai vissuto il ritorno del vinile?
Per quanto mi riguarda è stato molto positivo, anche perché io, in negozio, li ho sempre tenuti, anche quando a cavallo del millennio nessuno li voleva più. Per me è stato un bel ritorno. Ma ci contavo, non poteva non essere così. È l’oggetto più bello, raffinato e affascinante che esista per ascoltare la musica. La novità digitale per qualche anno lo ha messo in secondo piano, ma era ovvio che sarebbe tornato.

Ma l’industria discografica non inventerà qualcos’altro?
Certo, ci proverà sempre, ma superare il vinile è difficile. L’ultima trovata è il vinile ad alta definizione, che poi è un vinile da 12 pollici a 45 giri con una o due canzoni per ogni lato. Uno spreco di spazio e di tempo. In America stanno tornando le cassette. Ma non è la prima volta. Ricordate la quadrifonia? O il più grande fallimento della storia, i LaserDisc. Il Blu-ray va all’estero, dove ha praticamente sostituito i DVD, ma qui in Italia non ha attecchito.

Quali sono i dischi che si trovano solo qui da Carù a Gallarate?
Quelli di importazione americana e inglese di musica folk, cantautorale, country e rock. Siamo quasi sempre i più forniti e i più informati su questo genere, ovviamente è ancora una volta questione di passione. Parlo di classici ma anche di novità.

Domanda secca: qual è il disco da comperare nel 2019?
Per il 2019 ci saranno tante novità e tanti anniversari importanti: del resto sarà così per i prossimi dieci anni. Con i dischi importanti usciti fra il 1969 e il 1979 potremmo andare avanti solo con i cinquantesimi, senza contare i trentesimi e i quarantesimi. Sicuramente avremo Abbey Road in cofanetto. O Let It Bleed dei Rolling Stones. E speriamo che facciano un bel lavoro!

Leggi l’articolo integrale di Giuliano Donati su Vinyl n. 5