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La copertina di Deep Purple In Rock è l’icona di quello che per molti è “l’anno zero della musica rock”, il 1970.

Nel giro di pochi mesi escono Led Zeppelin II (ottobre 1969) e Paranoid (settembre 1970) dei Black Sabbath, che con le loro copertine, insieme a questa, costituiscono un trittico iconografico indimenticabile. Tra queste, però, In Rock è quella che annuncia l’inizio dell’era delle rockstar. Una band inglese, da poco approdata alla sua formazione più fenomenale, la Mark II, senza falsa modestia sostituisce i volti dei quattro più importanti presidenti della storia americana, scolpiti sulla parete del monte Rushmore in Sud Dakota, con i volti dei suoi cinque componenti.

POTUS Deep Purple

Al posto del volto di George Washington si affaccia quello di Ritchie Blackmore. Dove prima c’era la faccia di Thomas Jefferson adesso c’è Ian Gillan. Jon Lord spodesta invece Theodore Roosevelt, mentre Roger Glover fa le veci di Lincoln. Ian Paice, per una semplice questione numerica (i volti dei presidenti sono appunto quattro), deve infine accontentarsi di comparire in disparte a sinistra.

Per noi italiani, capire l’arroganza di questa copertina non è facile. I quattro presidenti scolpiti sul monte Rushmore sono ben più di semplici leader politici e sostituirsi a loro non è come sfidare la memoria di un Berlusconi o di un Andreotti. Washington, Jefferson, Roosevelt e Lincoln sono i padri fondatori della patria.

Imporre i volti di cinque rockstar, per di più inglesi, al loro posto è un messaggio lapidario (nel vero senso del termine). Si annuncia l’inizio di una nuova era, quella del rock, nonché un segno definitivo della British Invasion iniziata negli anni ’60.

How it’s done

Come per tutti i messaggi davvero importanti, la realizzazione tecnica della copertina è però semplice e diretta: i ritratti fotografici dei cinque membri della band vengono ritagliati e incollati (siamo nel 1970, nella preistoria del ritocco fotografico, e si usano ancora carta e forbici) sopra una veduta della montagna, per poi essere semplicemente pitturati e ritoccati a mano, per dare l’illusione che siano scolpiti nella pietra.

A farlo è un’agenzia di design londinese, la Nesbit, Philips e Froome, che si occuperà anche della copertina di Burn (1974) e della compilation 24 Carat Purple (1975). L’idea, invece, esce dalla mente geniale del manager della band, Tony Edwards.

Il lettering del titolo, che si staglia nero su un cielo blu uniforme, è creato appositamente dalla stessa agenzia, ritagliando ciascuna lettera all’interno di un quadrato opaco dagli angoli smussati. Questa non è, però, un’eccezione: nel 1970 buona parte dei caratteri disponibili provenivano dal mondo dell’editoria libraria tradizionale, ed erano perciò troppo classicheggianti e formali per annunciare l’avvento della nuova età “della pietra”.

Back cover

Merita due righe anche il retro, apparentemente una ripetizione del fronte con l’aggiunta del logo della EMI Harvest. Pigrizia, negligenza, tempi di produzione del disco troppo stretti? No: censura! Il progetto originale, infatti, voleva andare ancora più a fondo nella dissacrazione dell’icona americana, raffigurando sul retro i fondoschiena dei cinque volti incisi sul fronte, con tanto di logo stampato volutamente al contrario.

Sfortunatamente, questa irriverenza doveva essere troppo persino per i Deep Purple: era comunque sempre il 1970!

Vinyl info – per saperne di più:

In Rock
Harvest (prima stampa)

  • n. catalogo prima stampa UK vinile: SHVL 777
  • valutazione Discogs prima stampa UK vinile: € 8,11 (più bassa), € 14,97 (mediana), € 60,00 (più elevata)
  • sito ufficiale della band: www.deeppurple.com